“Ero forestiero e mi avete ospitato, Il Monastero delle Sante Caterina e Barbara in Santarcangelo” è il titolo del volume scritto da Massimo Bottini e Michele Gaudio (già presentato alla città a metà maggio) dedicato al convento che occupa una larga parte del centro storico della cittadina. Attraverso il libro vengono documentati tutti gli interventi architettonici fatti sul monastero dedicato alle due sante, “vittima” di cantieri più o meno “invadenti” che hanno cambiato e rimodulato l’aspetto dell’edificio in funzione delle esigenze quotidiane delle sue abitanti. Tra tutti quello più rilevante è sicuramente stato realizzato nel 1997 quando una parte del monastero diventò luogo espositivo e venne “sottratto” alle religiose.
“Uno degli aspetti forse più significativi di questo volume – ha spiegato l’architetto Massimo Bottini in occasione della presentazione del volume alla città – è dato dalla compresenza di molteplici voci e competenze, perché l’obiettivo non era di tipo celebrativo, ma cercare di restituire la complessità dei processi, le metodologie adottate nel corso dei lavori, le ragioni delle scelte progettuali, e anche, in definitiva, il senso di un costante dialogo tra persone con formazione, competenze e linguaggi diversi, che è stata la trama che ha dato coesione all’intero progetto”.
Dal volume veniamo ad apprendere alcune informazioni molto utili:
«Nel cuore medioevale di Santarcangelo, in alto su di una collina, accosto alle mura castellane e alla malatestiana porta Cervese, sorge un antico convento, un tempo di Benedettine Camaldolesi, oggi di Suore Francescane figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Nella bassa facciata che dà sulla Contrada dei Signori, occhieggiano, tra il portone d’ingresso e quello della chiesa delle finestre rococò, a dare quasi un tocco di timida mondanità alle severe linee di un monastero di clausura. All’interno svetta l’alta ed armoniosa cupola del Bibbiena. Delineare la storia del convento presenta qualche difficoltà a causa della dispersione del suo archivio e del patrimonio artistico e librario, avvenuta dopo la soppressione napoleonica dei primi anni del XIX secolo. Scomparso ogni documento, dalla sua erezione avvenuta nel 1505, al principio del secolo seguente, la documentazione superstite riguarda soprattutto l’amministrazione, con bilanci, inventari testamenti, legati e così via, sparsi tra gli Archivi di Rimini, Santarcangelo e Forlì e naturalmente del convento stesso. Abbiamo tentato una ricostruzione storica per fasi evolutive dell’intero complesso conventuale, individuando dei momenti di sviluppo e trasformazione della “fabbrica edilizia”. L’estensione dell’area conventuale che raggiunge 9900 mq di superficie del centro storico santarcangiolese ci porta ad inquadrare l’insieme più come un pezzo di città che una singola opera architettonica, con una porzione del centro storico fatto di pieni e vuoti ma soprattutto dalla stratificazione della vita della comunità religiosa che continua a pulsare ancora in un luogo pregno di storia».
Le origini
Il monastero delle Monache Benedettine Camaldolesi, ordine claustrale, fu fondato nel 1505 e alla fondatrice, Suor Obbedienza da Rimini, venne affidato un palazzo presente sul territorio del comune. La crescita del numero di adepte rese necessario, nel 1600, la realizzazione di alcuni ampliamenti. Dopo 5 anni di lavoro, nel 1738, venne consacrata la nuova chiesa a pianta ottagonale posta accanto alla vecchia, che fu abbattuta. A lavorarci l’architetto Ferdinando Galli Bibiena, che la realizzò in collaborazione col figlio Antonio. Nel 1856, dopo la soppressione Napoleonica, l’edificio fu riaperto da suor Angela Molari, fondatrice della congregazione Figlie della Immacolata Concezione. Il convento, in questa occasione, si allargò annettendo l’adiacente Palazzo Fattorini, recentemente restaurato.
Oggi con la presenza delle Figlie dell’Immacolata Concezione, che dura da 150 anni, e delle Suore Francescane dei Sacri Cuori (di Gesù e di Maria), continua la missione spirituale e sociale. E i due Istituti, seppur appartenenti l’uno al Diritto Diocesano e l’altro al Diritto Pontificio, si sono fusi nel 2007. Il cuore del monastero è l’orto botanico affiancato dal bellissimo giardino che è apprezzato dalla cittadinanza e dalle tante scolaresche che lo visitano costantemente. In molti usano l’orto per immergersi in una piacevole, silenziosa lettura.
a cura di Angela De Rubeis