Lo sapevate che a Rimini nei primi anni ’60 dello scorso millennio era nata una piccola associazione di “razzomodellisti” denominata AMR (Associazione Missilistica Riminese)?
Ebbene sì, questa associazione AMR si era costituita il 5 febbraio 1961 durante una riunione a casa mia; io non so come abbiamo potuto ritrovarci, quale fu il filo che ci fece incontrare. Comunque eravamo una decina di baldi giovanotti dai 17 ai 19 anni, ognuno dei quali aveva sperimentato lanci di piccoli missili; per questo eravamo accomunati dal fervore di fare dei lanci con la convinzione che in più persone si poteva fare meglio. Bisogna dire che, dopo il lancio del primo satellite Sputnick nel 1957, da parte dell’Unione Sovietica, era tutto un fiorire di riviste e libri in materia tanto che ci iscrivemmo subito al Centro Diffusione Scienze Astronautiche e tecnologiche spaziali di Trieste presso il quale si tenevano corsi per apprendere le varie discipline sulle leggi fisiche, sulla propulsione, sulla cinetica dei gas e altro ancora. Inoltre il Centro forniva vari stampati con codici di sicurezza dei lanci e l’osservanza da tenere in tutte le fasi della costruzione dei piccoli modelli missilistici. Inoltre, ci abbonammo alla rivista Missili e Razzi che dava notizie sulle diverse associazioni, come la nostra, presenti in Italia. Naturalmente ogni socio aveva un incarico specifico per raggiungere lo scopo dei lanci e doveva rendicontare il proprio ruolo svolto. A tal proposito avevamo redatto uno statuto.
All’inizio facemmo diversi lanci, quasi uno a settimana, ma tutto sembrava andare storto perché i missiletti o si fondevano sulla via di lancio o si alzavano di qualche metro per poi esplodere. Insomma non riuscivamo a costruire un missile decente, perché il razzo sì partiva ma poi perdeva le alette e l’ugello, per poi cadere a terra.
I problemi erano: il tubo di alluminio, la polvere pirica che non bruciava bene, l’ugello e, infine, il paracadute che non funzionava. Superammo il primo problema utilizzando un tubo in acciaio con spessore di un solo millimetro (tubo di scappamento per marmitte), cambiammo la polvere di propulsione utilizzando dello zinco in polvere e zolfo miscelato con una vernice trasparente per renderlo solido.
Il propellente così era ottimo e sicuro perché si poteva tagliare, forare e battere e non si incendiava mai, se mai si faceva molta fatica ad accenderlo alla partenza e quindi bisognava mettere un po’ di polvere pirica.
Finalmente con il primo lancio con tubo in acciaio superammo i 1000 mt di altezza, anche la polvere si comportò molto bene… forse bruciò troppo velocemente. Purtroppo il paracadute non funzionò, a causa di un malfunzionamento dell’interruttore a mercurio e, alla fine, non trovammo più il missile ma solo il paracadute bruciato, proprio vicino alla pista.
Durante il successivo lancio, il missile partì con un botto e lo vedemmo dietro una nuvoletta. Poi, siamo stati con il naso in su, una quindicina di minuti, sperando di vederlo scendere con il paracadute, ma niente. Anche quella volta ci siamo messi a cercarlo, avevamo perso le speranze quando all’improvviso ci sono inciampato contro. Il missile era tutto interrato e solo le alette sbucavano dal terreno, superammo i 1500 mt di altezza.
A questo punto pensammo che era pericoloso, anche perché avevamo letto che in Francia un missile simile al nostro aveva perforato il tetto di una macchina… per miracolo nessuno era rimasto ferito. I lanci furono sospesi e ragionammo sulla possibilità di sospendere definitivamente l’attività o di procedere in modo diverso. Si pensava di procedere mantenendo quanto fatto fino a quel momento o semplicemente ridurre le cariche con traiettorie più brevi e più controllabili; oppure rivedere le modalità di costruzione usando razzi più piccoli con materiali leggeri con micromotori con potenze predeterminate.
Nel frattempo partecipammo a una manifestazione a Riccione: una mostra degli hobby e fu un successo. Ci venne assegnato il primo premio e un maggiore dell’Aeronautica (in giuria) si congratulò con noi.
Così terminarono definitivamente tutti i lanci. Questa è stata la storia di un periodo breve, pochi anni, ma intenso per l’entusiasmo, per il lavoro di gruppo perfettamente coordinato e sinergico… fu per tutti noi una scuola, imparammo a organizzarci, a lavorare insieme con entusiasmo, trascinati dai sogni. Poi il vortice della vita… alcuni proseguirono gli studi, altri partirono per il servizio militare, ed altri ancora si inserirono nel mondo del lavoro. La breve stagione dei sogni era finita e la vita riprese il suo corso.
Ettore Zavattini