Cinque minuti, un semplice montaggio fotografico. Obiettivo: mostrare lo Zimbabwe e Operazione Cuore, il progetto che da anni ha portato Marilena Pesaresi a creare un ponte di solidarietà tra l’Africa e Rimini, e a far arrivare da noi persone, principalmente bambini, che necessitano di un intervento al cuore. Questo detto semplicemente. In realtà la macchina è molto delicata e complessa. Sabato 22 giugno in Caritas, Marilena ha incontrato la città, per mostrare quello Zimbabwe, quello dei 5 minuti del montaggio fotografico ma anche per raccontare – aiutata dal fratello Tonino – quali sono le novità.
Dottor Pesaresi, andiamo oltre la solidarietà. Andiamo a raccontare l’attività in Africa con tutti i suoi risvolti pratici, burocratici…
“Abbiamo affinato la nostra macchina organizzativa, basti pensare che prima noi medici andavamo in Africa solo una volta all’anno mentre adesso riusciamo ad organizzare ben tre viaggi. Questo garantisce un maggiore controllo sui pazienti operati e su quelli in lista d’attesa per l’intervento. Nel tempo abbiamo perso l’aiuto della Regione Lombardia che si è ritirata dal progetto, però la Regione Emilia Romagna è ben presente con 20 pazienti l’anno e adesso si è inserito l’ospedale pediatrico di Genova “Gaslini”, che ha garantito per due bambini. Io stesso ho portato due gemellini poco tempo fa. Non per tutti l’intervento è definitivo, noi oggi seguiamo 200 persone”.
Oltre all’ingresso del Gaslini nel progetto ci sono altre novità?
“In cima metterei la collaborazione con Emergency che in Sudan ha una cardiochirurgia. Dover viaggiare dallo Zimbabwe al Sudan non è come arrivare in Italia, e poi la clinica di Gino Strada potrebbe esserci d’appoggio per i controlli post operatori, che sono importanti come, o forse più, dell’intervento chirurgico. Anche il Camerun ha aperto Cardiochirurgia, busseremo anche a quella porta”.
Attualmente in quanti aspettano l’intervento?
“Ne abbiamo 85 in lista e 15 in forse; li teniamo sotto controllo e cerchiamo di capire come e quando intervenire. È una cosa importante. Bisogna capire bene quando intervenire con il viaggio in Italia. In sala operatoria si può anche morire, quindi si deve scegliere il momento giusto. Ci è capitato con dei bambini (una era in sala ad ascoltare, ndr) con malattie congenite siano venuti in Italia due volte, perché la prima non erano pronti”.
E il post operatorio? Cosa succede dopo l’intervento, dopo il ritorno a casa?
Gli amici di Operazione Cuore spiegano che il problema principale è quello del lavoro. Attualmente 5 persone (tra i pazienti) lavorano nell’ospedale della Pesaresi ma non c’è posto per tutti. “Alcuni stipendi dei cinque, li paghiamo noi– spiega Marilena Pesaresi – perché lo Stato non riconosce tutte le figure professionali”. Di altri invece si sono occupati le famiglie che hanno accolto i bambini in Italia. Così un’ex paziente ha aperto un allevamento di polli, un’altra sta frequentando una scuola di cucito per poter cucire le divise delle scuole di stato. Ma non tutto è semplice, così ci esortano a continuare con le cene e le attività di solidarietà che fanno bene alle casse dell’Operazione Cuore.
In sala ci sono tre bambini di 6, 12, 16 anni che sono in Italia. Per alcuni il percorso si è concluso e per altri deve ancora cominciare ma tutti vanno al microfono e si fanno aiutare dai “genitori” italiani a dire grazie.
Angela De Rubeis