Il ‘melodramma giocoso’ di Donizetti proposto dal Coro Lirico Città di Rimini Amintore Galli ha inaugurato il 2025
RIMINI, 1 gennaio 2025 – Anche se lo si riduce alla sola schermaglia amorosa tra un giovanotto un po’ imbranato e una ragazza indecisa e con qualche pretesa intellettuale, L’elisir d’amore possiede una tale forza comunicativa da conquistare qualsiasi pubblico: anche al primo ascolto. La musica di Donizetti è così piacevole, leggera, spumeggiante e all’apparenza spensierata che riesce a veicolare con la massima naturalezza pure i risvolti più profondi, se non addirittura inquietanti, leggibili nei versi di questo gioiello comico. Si rimane poi sorpresi ogni volta da una drammaturgia pressoché perfetta, di cui è autore Felice Romani (fra i massimi librettisti di sempre), che delinea personaggi e situazioni non circoscritte a un luogo e a un’epoca, come i Paesi Baschi a fine settecento. Merito di una musica capace di cesellare ciascun personaggio attraverso linee di canto – siamo nel 1832 – che, da un lato, tengono inevitabilmente conto dell’eredità rossiniana e, dall’altro, sono già proiettate verso la nuova stagione romantica.
Un capolavoro come L’elisir d’amore possiede, dunque, le caratteristiche ideali per festeggiare il nuovo anno che arriva. Il consueto appuntamento operistico di Capodanno organizzato dal Coro Galli nell’omonimo teatro di Rimini questa volta portava la firma di Carlo Tedeschi, noto soprattutto come regista di musical. Il suo spettacolo è impaginato in modo del tutto tradizionale: non è certo un difetto, tanto più se destinato a un pubblico che si accosta per la prima volta a quest’opera. La scena di Gabriele Sassi è fissa e a vivacizzarla contribuiscono i bei costumi di Carla Galleri, ma soprattutto i numerosi danzatori che affollano il palcoscenico. Tedeschi, che è il fondatore della compagnia Ragazzi del Lago (RDL), con sede a Monte Colombo di Rimini, li ha infatti coinvolti per animare la scena attraverso numerosi interventi coreografati da Matteo Mecozzi: i più riusciti restano quelli di tre bambini, veri e propri piccoli acrobati.
Il pregio principale dello spettacolo proposto al Galli era comunque rappresentato dal cast. Ha ben figurato nei panni di Adina il soprano serbo Isidora Moles: sicura e disinvolta in scena, convincente sia quando sogna una storia d’amore come quella della regina Isotta sia quando, più pragmaticamente, si accontenta di stringere il legame con Nemorino, oltre tutto divenuto erede di una consistente fortuna.
A interpretare l’ingenuo contadino era il tenore Danilo Formaggia che, con grande saldezza tecnica e pari duttilità scenica, ha delineato un Nemorino giustamente maldestro, ma di spessore: suono sempre stabile e omogeneo, fiati perfettamente dosati e Una furtiva lagrima – l’aria più iconica dell’opera – cesellata senza indulgere in compiacimenti sonori.
Il baritono Mattia Venni indossava la palandrana del Dottor Dulcamara. È questo il ruolo che rivela maggior complessità: al di là dell’apparenza di astuto ciarlatano, di imbonitore che vuole spacciare la propria merce, il personaggio ha implicazioni assai più complesse. Il libretto di Romani lo disegna infatti come erede – seppure sui generis – della tradizione dei cosiddetti “mercanti della salute” (figure controverse, ma rivalutate dalla moderna storiografia), che un tempo frequentavano le pubbliche piazze svolgendo un preciso ruolo sociale: quello di rendere possibili determinate cure anche ai meno abbienti. Sul piano musicale Donizetti gli confeziona una grandiosa cavatina: Venni l’ha cantata in modo corretto, privilegiando tuttavia il tradizionale profilo dell’astuto venditore.
L’altro baritono, il più maturo Marzio Giossi, interpretava il sergente Belcore: non è apparso proprio a suo agio nelle agilità della cavatina Come Paride vezzoso, ma si è rivelato interprete via via più efficace nel corso dello spettacolo. Il soprano Chiara Mazzei, come Giannetta, ha avuto modo di figurare meglio nei suoi pettegolezzi con il coro che nel quartetto, qui alquanto sforbiciato.
Ed è proprio questo aspetto dell’esecuzione a lasciare più perplessi. L’esperto direttore Stefano Giaroli, alla guida della puntuale Orchestra Sinfonica delle Terre Verdiane e del Coro Lirico Città di Rimini Amintore Galli (preparato da Marcello Mancini), ha operato vari tagli e taglietti, eliminando anche una strofa nel commiato di Dulcamara: una scelta che contribuisce a ridimensionare il personaggio. Eppure, vista la duttilità del cast, qualche minuto in più di musica non sarebbe stato un peso per il pubblico.
Giulia Vannoni