Certamente sarà per il mondo cattolico uno dei temi da affrontare subito dopo le elezioni del 25 settembre. Lo hanno rilevato in tanti, ma è soprattutto frutto di un disagio evidente che si avverte nella comunità cristiana: il silenzio del mondo cattolico nella politica italiana. A trent’anni dalla scomparsa della Democrazia Cristiana, il Paese paga l’indebolimento di quella catena di trasmissione tra Chiesa, società e politica che era il movimento cattolico. Di lì venivano gran parte di quei cattolici che si mettevano al servizio della “cosa pubblica”, così fondamentali nel contributo alla nascente Repubblica: la Costituzione, l’Europa, l’idea di comunità e di Stato non sottomessi al mercato.
Oggi l’elettore cattolico si trova spiazzato. Non ritrova più i suoi temi, quelli cari al magistero sociale della Chiesa, così ben sottolineato dagli interventi di Papa Francesco.
Dalla Destra c’è un’offerta di tematiche populiste, con un, neppure troppo nascosto, tentativo di strumentalizzazione della stessa religione; dalla Sinistra una innegabile insensibilità dei progressisti per questioni che non siano quelle dei diritti individuali e che stanno costando, alla stessa, la perdita di un’ampia fetta di elettorato proletario. Quasi il riflesso di battaglie culturali d’oltreoceano, con un’idea, favorita da tanti interessi, di una contesa tra idee opposte di cattolicità, che nell’agone politico, invece che dialogare, come pur sarebbe logico, tendono ad escludersi.
Sia chiaro, ormai nessuno invoca un “voto cattolico”, che da tanto non esiste più, perché da almeno tre decenni i cattolici si sono dispersi nei diversi schieramenti e neppure si ha nostalgia del partito dell’“unità politica dei cattolici”, ma la raccomandazione di Papa Francesco ai cattolici di “ non stare a guardare dal balcone” è viva più che mai.
Esortazione ribadita anche dalle recenti parole del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede: “ I cattolici devono tornare a esprimere la loro posizione all’interno del dibattito politico”; e da quelle del cardinale Matteo Zuppi, neo Presidente della CEI: “ I Cristiani devono avere ancora di più un senso di attenzione per la cosa comune e anche le risposte necessarie, sempre con laicità”.
Su di una cosa però i cattolici sono tutti d’accordo: con severità tutti giudicano assolutamente negativo l’astensionismo. Libertà di voto, anche se nella difficoltà, non può mai significare disimpegno. Il voto è un’arma, una singolare opportunità. Chi si sottrae acconsente che altri decidano per lui. E questa volta la posta in gioco è certamente molto alta. Allora non resta che informarsi con impegno sui programmi e sui candidati, interrogarsi sulle potenziali consegunze del voto, maturare un giudizio personale. Evitando di continuare a votare chi promette l’impossibile senza preoccuparsi di offendere la nostra intelligenza.