Il Tempio Malatestiano? È un crocevia. Di artisti e di cultura. Si colloca in un’età di passaggio tra la fine del medioevo e l’inizio dell’età moderna. Questo periodo nodale è studiato a fondo da Elena Filippi (nella foto), filosofa e storica dell’arte, protagonista dell’incontro “Concordia discors: il Tempio Malatestiano di Rimini crocevia di Umanesimi”, quarto appuntamento della rassegna “I maestri e il tempo, Racconti di donna: simboli, radici destini” indetta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini. Con un dottorato di storia dell’arte all’Università La Sapienza e uno in filosofia ed estetica in Germania, la Filippi collabora con la tedesca Kueser Akademie für Europäische Geistesgeschichte, ed è membro del comitato scientifico di molte istituzioni accademiche, come la società di studi rinascimentali statunitense Alexander Von Humboldt.
Filippi, qual è il contesto storico e culturale in cui nasce il tempio malatestiano?
In questo momento storico, la cultura artistica vuole dialogare con se stessa, definendo un rapporto sia pratico che teorico tra artista e artista. Il Tempio Malatestiano si colloca in un momento della storia dove gli artisti ricercano certezze per rappresentarle mediante la pittura, la scultura e l’architettura. Dopo un percorso di difficili riflessioni relative all’Umanesimo, la dottoressa Filippi è arrivata alla conclusione che un tema vasto e peculiare come questo va trattato con estrema serietà, come se fosse un periodo ancora vivo. Come vivo è uno dei capolavori più affascinanti e stimolanti di questa cultura del ‘400: il Tempio Malatestiano. L’Umanesimo è stata un’età eroica, coraggiosa e temeraria che va incontro a sfide e sperimentazioni. Leon Battista Alberti, campione dell’Umanesimo laico, si è accostato ripetutamente nelle proprie opere alla religione, con attenzione alla Bibbia e ai padri della Chiesa. Questo Tempio è una presenza viva della storia, simbolo di un momento importante della storia europea, dove la laicità dialoga con la spiritualità”.
Perché lei definisce il Tempio Malatestiano crocevia di umanesimi?
“Rimini è in questo senso, grazie alla presenza del Tempio Malatestiano, un crocevia di umanesimi perché è l’espressione di una committenza illuminata. La committenza dei Malatesta era culturalmente avanzata, ben attrezzata ed erudita nei confronti dell’arte antica, come si nota dalla personalità di Pandolfo Malatesta. Ma allo stesso tempo è anche proiettata verso il progresso e verso stimoli nuovi: lo dimostra l’espressione di una fucina viva di idee che sono circolate in quel periodo e che vengono sia dall’Italia stessa ma anche da altre realtà europee. Il Tempio Malatestiano e la famiglia Malatesta dimostrano che all’epoca vi era un dialogo continuo tra le signorie italiane, ma anche tra umanesimo nordico e umanesimo italiano, cosa che fiorisce nelle espressioni artistiche. All’interno del Tempio un tempo si trovavano opere che ora non vi sono più, come gli affreschi di Piero della Francesca e tutto un insieme di opere che dimostrano gli scambi culturali.
Tra i diversi caratteri, ce n’è uno principale.
“Il tema dell’individuo è per l’Umanesimo essenziale. Le idee che ruotano attorno alla corte dei Malatesta vengono coltivate circa la possibilità di una società basata sulla centralità del ruolo e dell’azione dell’individuo. Ma per dar forma a questa idea di società e di mondo migliore c’era bisogno di regole, perché altrimenti tutto sfuggiva. Servivano delle norme per regolare questo continuo flusso di idee. Ed è qui che si fondano le radici dell’umanesimo italiano, profondamente ancorate al pensiero classico e nella dottrina platonica dove un’altra figura essenziale è Vitruvio, primo teorico dell’età antica. Ed è qui infatti che si vede maggiormente il tema dell’individuo, perché la figura dell’uomo vitruviano è una sorta di doppia traccia del pensare la figura umana, rappresentata e progettata in modo bello ma contemporaneamente utile allo studio”.
Nell’arte rinascimentale e in questo caso specifico, nel Tempio Malatestiano, c’è spazio per la volontà dell’artista?
“Certo. C’è comunque un percorso personale dell’artista e molto spesso ci troviamo di fronte a personalità dell’arte che non intendono scindere il loro essere cristiani dalla loro vocazione artistica. Lo stesso Alberti da uomo laico fa trasparire sempre la propria spiritualità. L’Umanesimo italiano si inserisce in questa lunga storia di confronto con il platonismo, che cerca l’eccellenza e la possibilità di ritrovare la norma ideale per metterla al servizio della realtà.
In fin dei conti, però, l’arte nel momento in cui descrive la realtà può essere solo approssimativa perché non vi è una realtà uguale per tutti, che deriva da una norma universalmente riconosciuta. Di conseguenza si vede l’esplosione di una voglia di giocare con le molteplici possibilità nelle varie corti d’Italia sia in ambito sacro sia in quello profano e nella commistione fra i due”.
Sara Ceccarelli