“Parlare dell’educazione è facile. Riflettere sull’educazione è un po’ più difficile. Fare educazione è quasi impossibile”. Parole di don Antonio Mazzi, un conoscitore “esperto” del pianeta giovani.
Il sacerdote veronese è stato invitato, martedì 22 settembre, ad intervenire nell’ambito di un progetto triennale dal titolo “Per una cittadinanza attiva”. Un’iniziativa che vede la collaborazione del personale educativo e dei genitori dei bambini dell’Istituto scolastico “Maria Ausiliatrice” di Rimini. Tema dell’incontro il bullismo giovanile, un fenomeno che affonda le sue radici prima ancora dell’adolescenza nella relazione del bambino con i genitori e con i coetanei. In ogni caso una conseguenza di una “cattiva” educazione che vede coinvolti il mondo degli adulti e le principali agenzie educative: dalla famiglia alla scuola, dall’oratorio alle associazioni culturali e sportive.
“Un bullo vero lo si riconosce già a sei anni. – afferma don Mazzi – Vuole essere il ’re’ della classe. È piccolino e già si comporta come un emerito cafone presuntuoso. In quel particolare momento bisogna intervenire e non aspettare che diventi grande, dopo è troppo tardi”.
Don Antonio conosce troppo bene il mondo dell’educazione per fermarsi al fenomeno bullismo e come nel vecchio gioco dei quattro cantoni, dove al centro c’è la sfida educativa, indica i suoi “giocatori”.
Il ruolo della donna
Nel primo angolo c’è “il nuovo ruolo della donna con una posizione più centrale nella vita sociale e familiare rispetto a quarant’anni fa quando era semplicemente l’angelo del focolare e mamma. Oggi è chiamata ad essere donna non solo negli aspetti formali, ma allo stesso tempo vera madre e moglie. La donna è la speranza del mondo – evidenzia don Mazzi –, se saprà coniugare tutte le sue specificità”.
La padrona televisione
Nel secondo angolo si colloca “l’ospite che è entrato con toni sommessi nelle nostre case, in bianco e nero, ed oggi la fa da padrone: la televisione. Sempre più grande e spettacolare. Essa ha cambiato le nostre abitudini e la nostra vita, quindi bisogna saperla usare bene perché ’dentro’ ci sono tutte le arti (musica, fotografia…) per affascinarti. L’informazione, ma anche il dolore, la sofferenza e tutto ci viene offerto senza distinzioni in qualsiasi ora del giorno e della notte… la televisione ’parla’ sempre”.
Esplosione adolescenza
Il terzo angolo è “l’adolescenza” che per un giovane è “un’esplosione totale”. Essa dura almeno dieci anni perché lo sviluppo fisico è sempre più precoce e sono cambiate le condizioni economiche e sociali. Durante l’adolescenza nel giovane “esplode tutto” non solo fisicamente, “non è un problema solo di educazione sessuale, ma di un’educazione del corpo. C’è un’esplosione fisica con un impianto etico molto debole. Il giovane non accetta il suo corpo, non si sente adeguato. Nel tempo dei sogni tutto esplode: emozioni, paure, affetti. Diventa aggressivo o non parla più e noi adulti non siamo capaci di capire che cosa succeda a nostro figlio che, dalla sera alla mattina, non riconosciamo più. È una nuova nascita, di natura psicologica, che va trattata con la stessa delicatezza di quella fisica. Il giovane sente il bisogno di essere libero, ma nello stesso tempo di essere amato e accolto. L’adolescenza è anche il tempo dell’amicizia ed è per questo che l’oratorio, ad esempio, è importante: perché i ragazzi possano farsi degli amici e non stare chiusi in camera”.
Il crollo del padre
Nell’ultimo cantone c’è il crollo dei papà che non sono più “padri e padroni”. “Essi non sono assenti – spiega don Mazzi –, ma non sanno più come essere autorevoli. La nostra società è in crisi in tutte le situazioni dove la paternità ha un significato: politica, scuola, chiesa, famiglia. Oggi è più facile riconoscere i nonni che i padri. E mai come oggi c’è l’urgenza del padre perché egli mette al mondo l’adolescente”.
Come migliorare il percorso educativo all’interno di questi quattro cantoni?
“Innanzitutto dobbiamo tornare a parlarci perché i corpi invecchiano, ma la parola no. Sono importanti le relazioni: parlare tra marito e moglie, tra figli e genitori. La crisi della nostra società è quella della parola, mentre c’è l’enfasi del chiacchierare. Quindi occorre creare gruppi di pressione ‘intelligenti’ per essere segno di contraddizione in questa società e recuperare alcuni valori. Da soli non ci si riesce. Dobbiamo formare piccoli gruppi sull’esempio dei primi cristiani dove c’era la parola, l’esempio, la condivisione e lo spirito di gruppo. Inoltre cercate di appassionare i vostri figli per ’qualcosa di grande’ perché l’adolescenza è il tempo della passione. Infine dobbiamo recuperare il nostro rapporto con la religione, al di là degli aspetti formali. Non è sufficiente andare in chiesa o fare i sacramenti, certo è importante ma dobbiamo ritrovare con Dio un rapporto più personale, genuino e profondo. Tutto questo facciamolo insieme”.
(effepi)