Tutti abbiamo chiare nella mente le apocalittiche realtà che la cinematografia e la letteratura distopica ci propongono. Un diffuso modello narrativo è quello in cui un ristretto gruppo di persone scopre una terribile verità, in grado di sconvolgere gli equilibri del mondo a tal punto da rendere addirittura concreta la possibilità di estinzione del genere umano. Ma al momento della denuncia alla società di questo pericolo imminente, tutto viene sottovalutato dalla politica, dall’opinione pubblica, dall’ignoranza e dall’indifferenza, e le parole di chi avrebbe voluto intervenire per garantire a tutti un futuro annegano in un vortice di superficialità, ironia e minimizzazione. Uno scenario estremizzato, ovviamente, per esigenze narrative e di spettacolo. Ma quanto queste rappresentazioni sono lontane dalla realtà di oggi? Ormai sono anni, infatti, che sappiamo come la questione dei cambiamenti climatici sia un nodo fondamentale per il futuro del nostro pianeta e delle generazioni a venire. Tuttavia il mondo non sembra aver ancora compreso a pieno l’urgenza di una transizione ecologica verso una Terra e un avvenire sostenibile. E a risentire di questo clima di noncuranza e disinteresse non è solo la salute del pianeta.
Una vera e propria patologia
Dopo oltre un decennio di studi che testimoniano la correlazione tra i danni provocati dai cambiamenti climatici e problemi di benessere mentale, oggi possiamo propriamente parlare di ecoansia, un vero e proprio disturbo riconosciuto, causato dall’angoscia per le ripercussioni del riscaldamento globale, dalla sperimentazione diretta di un disastro ecologico o dalla frustrazione per le scarse risposte da parte dei governi. Si tratta di un fenomeno in grado di condurre a un disagio esistenziale e psicologico anche molto intenso, e che interessa nello specifico chi è più esposto ai disastri ambientali, non solo in termini geografici: sono infatti le nuove generazioni a risentirne maggiormente, ovvero quelle che in particolare col passare degli anni si troveranno a vivere e a sperimentare direttamente le ripercussioni della situazione e delle decisioni prese al giorno d’oggi a tutela e protezione dell’ambiente. Si tratta quindi di un disagio identificabile come “generazionale”, che riguarda in maniera intrinseca i giovani e il loro futuro. Abbiamo chiesto a Gioele e Sara, di 19 e 17 anni, di Rimini, cosa ne pensano a riguardo.
Per Gioele provare malessere per come stanno andando le cose è più che comprensibile: “Ognuno di noi ha in mente quella sensazione di rabbia mista a delusione che si prova ad avere da dire urgentemente qualcosa di fondamentale importanza, che però rimane inascoltato nonostante rappresenti un punto di svolta decisivo. E il fatto che le alte sfere della politica sembrino continuare a perseguire gli interessi economici piuttosto che quelli del nostro futuro può produrre un grande sentimento di sfiducia, impotenza ed abbattimento. E, sappiamo ora, anche un vero disturbo mentale. Allo stesso tempo, però, penso che sarà proprio a partire da questo disagio così intenso che si invertiranno le sorti del mondo, al momento così sconfortanti: è necessario dar voce ed esprimere queste problematiche per far capire che i giovani di oggi sono attivi e sensibili al tema, propositivi e collaborativi, si impegnano a partire dal proprio quotidiano e hanno veramente a cuore il loro futuro. Sarebbe bello, in particolare, che il primo luogo in cui agire in modo più incisivo fosse l’ambiente scolastico. A livello macroscopico, invece, potrebbe essere interessante anche una collaborazione molto più concreta con le istituzioni, un’opportunità che offrirebbe l’occasione per rafforzare il proprio senso civico e ridare fiducia, dando dimostrazione che rendere reali le proprie idee, i propri ideali e i propri progetti in collaborazione con le realtà politiche, che prendono le decisioni, è possibile”.
“Ormai il cambiamento climatico è qualcosa di innegabile. – racconta Sara – Basti pensare alle temperature insolitamente alte di questo ottobre e a come siano così bruscamente diminuite da un giorno all’altro nelle scorse settimane. Ad essere un problema sono in particolare le persone che ancora, nonostante tutto, non riconoscono il fenomeno del riscaldamento globale e perseverano nelle proprie tesi negazioniste: continuando a ignorare il problema in questo modo non si procede in una direzione costruttiva e i tempi per trovare una soluzione, che già sono agli sgoccioli, si dilatano ulteriormente”.
La situazione del mondo di oggi può davvero spingere a un certo nichilismo, sotto certi punti di vista: non è facile riuscire a tenere alta la testa davanti a un futuro nebuloso e incerto, o a persone che non dimostrano davvero di avere a cuore il destino del mondo. Potrebbe apparire inutile fare anche quel poco che nel nostro piccolo rientrerebbe all’interno delle proprie possibilità. Tuttavia, è proprio per questo motivo che dovremmo perseverare, anche solo nello svolgere la nostra minima parte: per conservare i sani ideali in cui crediamo e per poter dire di aver fatto ciò che potevamo, ma anche perché non dobbiamo dimenticare che pure i piccoli gesti hanno il potere di cambiare il mondo, soprattutto se siamo in tanti a compierli e a credere in loro.
Andrea Pasini