GIOVANI E FEDE (2). Dopo l’intervista dello scorso numero, in cui un ragazzo che si dichiara ateo illustrava la propria visione del mondo e della vita, a parlare è Federica, giovane riminese che racconta il proprio percorso di Fede e il rapporto con una dimensione “altra” della vita, che dà senso, orientamento e pace all’esistenza
“Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo, progetti di paceenondisventura,perconcedervi un futuro pieno di speranza” (Geremia, 29:11)
È questo il versetto che Federica, 26enne di Miramare, ha citato e indicato come uno tra i suoi preferiti. La nostra chiacchierata verte sulla sua connessione con Dio, per dialogare su come ogni aspetto della sua vita ne sia influenzato o chiarificato. Nello scorso numero, abbiamo sentito la voce di un ragazzo ateo, che con un approccio più scientifico ci ha spiegato quanto si senta lontano dalla trascendenza e la spiritualità. Vediamo le differenze con un altro tipo di approccio, parlando con una ragazza che, invece, ha scandito gli anni della propria esistenza con una preghiera. “ Spesso ci troviamo ad affrontare situazioni che sembrano incomprensibili o addirittura ingiuste. – spiega Federica – È facile sentirsi persi o scoraggiati, curiosi di sapere perché certi eventi accadano o quale sia il senso del nostro cammino. In quei momenti, questo versetto diventa un’ancora: mi invita a fidarmi, anche quando non vedo la strada giusta…”. Com’è iniziato questo percorso, Federica? Raccontaci la tua esperienza personale di Fede. “Il mio rapporto con la Fede è nato in modo semplice, grazie alla mia famiglia che mi ha trasmesso l’abitudine di pregare fin da piccola. Non era niente di troppo impegnativo o forzato, ma un aspetto normale della nostra quotidianità. Col tempo, però, è diventato qualcosa di più personale. Penso sia stato durante l’adolescenza che ho iniziato a vivere la Fede in modo più consapevole, soprattutto in un periodo in cui stavo attraversando una difficoltà emotiva. In quel momento sentivo il bisogno di qualcosa di più grande, di un significato più profondo. Ho iniziato così a pregare in modo più intenzionale, come se stessi cercando una connessione vera, e non solo seguendo una tradizione. È stato sorprendente per me quanto questo mi abbia dato una sensazione di pace e di sollievo. Non si è trattato di un cambiamento improvviso o spettacolare, ma di un processo graduale che mi ha fatto scoprire che la Fede può essere un punto di forza, qualcosa che ti accompagna e ti aiuta ad affrontare le cose con più serenità”.
Cosa significa per te, dunque, credere in Dio?
“Credere per me è diventato un fondamento, qualcosa che mi aiuta ad orientarmi, soprattutto quando le cose sembrano complicate o confuse. È un po’ come avere una bussola interiore: non sempre so esattamente dove andare, mi aiuta a distinguere ciò che conta davvero, a capire cosa è giusto per me e a trovare il bello anche in situazioni che a prima vista sembrano negative. Credere non significa avere tutte le risposte o vivere senza dubbi. È più una questione di fiducia: c’è un senso più grande che magari scoprirò con il tempo. Questo non mi rende distante dalla realtà, anzi”.
Come vedi il ruolo della Fede nella società moderna?
“A parer mio la Fede rappresenta un punto di luce in grado di rischiarare una società spesso smarrita, distratta da un ritmo frenetico e orientata verso il materialismo. In un mondo che tende a dare valore solo a ciò che è tangibile e immediato, la spiritualità offre una prospettiva diversa, più profonda, che invita a guardare oltre le apparenze e a scoprire ciò che è veramente essenziale”.
Quali sono le tue convinzioni riguardo il destino e la vita dopo la morte?
“Credo fermamente che ci qualcosa di più che ci aspetta. Non ho certezze assolute su come sarà, naturalmente, ma penso che ci sia un senso di pace e di connessione che continua oltre questa vita, o almeno mi piace immaginare che sia così. Per me, l’idea di un’esistenza eterna significa trovarsi in un luogo scevro dalledifficoltà terrene. Questo pensiero mi conforta e mi dà speranza”.
Abbiamo parlato lo scorso mese con un tuo coetaneo, che la vede in maniera totalmente diversa. Un approccio più scientifico, se vogliamo.
“Lo so. Sono consapevole che alcuni dei miei coetanei, tra quelli atei soprattutto, vedono la morte come un punto di fine, un’interruzione totale della coscienza. Per loro la morte è la celebrazione definitiva della vita terrena, senza continuazione o senso oltre la semplice biologia. Tuttavia, per me la Fede offre una visione altra, diversa: una promessa, quasi, una speranza che dà un significato più profondo alla vita stessa”.
Cosa diresti, dunque, a qualcuno che sta cercando di comprendere meglio la tua Fede?
“Non è semplice spiegare la Fede a chi non la condivide, ma spero che le persone vedano in me qualcuno che cerca di vivere con integrità, rispetto e amore verso gli altri, indipendentemente dalle proprie credenze. La mia Fede mi dà una direzione, un punto di riferimento, non cerco di convincere gli altri credere nello stesso modo. Penso sia importante che ognuno trovi il proprio cammino”.
Dall’intervista con Federica e da quella con Luca (dello scorso numero) abbiamo estrapolato due pensieri diversi, discordi, ma che si tratti di Fede o “approccio razionale”, ognuno di noi è chiamato ad affrontare le sfide della vita con autenticità, integrità e rispetto per le proprie convinzioni. La scelta della vita che vogliamo vivere è un atto di fiducia, una decisione che ci invita a cercare il nostro vero significato, a scoprire ciò che conta davvero per noi, al di là delle apparenze e delle pressioni esterne. In un mondo così variegato, diversificato, è importante ricordare che ogni percorso ha valore, purché ci aiuti ad essere persone migliori e a vivere con un senso di scopo e di pace interiore.
“Credere è diventato un fondamento della mia vita, qualcosa che mi aiuta a orientarmi, soprattutto quando tutto diventa complicato e confuso. È come avere una bussola interiore, che aiuta a distinguere ciò che conta davvero e a trovare la bellezza anche nelle situazioni negative”.