Spiaggie libere: la polemica non si arresta. Oggi come dieci anni fa. E la domanda è sempre la stessa: dove sono finiti i 3mila metri di costa gratuita? Chi li ha presi? Esiste qualche responsabile? La normativa Regionale 9/2002 in materia di spiagge è chiara: almeno il 20% deve rimanere libera. E perché a Rimini su 15 km di costa si raggiunge appena il 7%? Inutile nominare le “solite” concessioni selvagge che hanno riempito la nostra costa di file interminabili di lettini e ombrelloni, di bar e chioschi, di parchi per bimbi e campi da gioco. C’è chi di fronte a questa mania di riempire spazi vuoti preferisce l’essenziale. Un esempio: “Guardare l’orizzonte senza la barriera degli ombrelloni che ostacola la vista del mare è una dimensione da salvaguardare e valorizzare”, spiega Stefano Lucchi del «Comitato di difesa Spiaggia Libera» che assieme ad altri volontari porta avanti, da quasi 20 anni, la battaglia per la protezione della spiaggia libera come patrimonio.
Gli ultimi lembi
Gli ultimi lembi di terra incontaminati si trovano a Torre Pedrera, Rivabella, Miramare, San Giuliano e Marina centro, zona porto. Pochi e a rischio scomparsa. Le lettere all’Amministrazione non sono mancate e a volte gli effetti sono arrivati, come agli inizi del 2000 quando eventi commerciali, tornei e concerti si alternavano occupando l’intera spiaggia per oltre il 70% della stagione estiva.
“A quel punto sono state raccolte 2000 firme e abbiamo presentato il tutto al Comune. Da quel momento in poi la situazione si è ridimensionata”, chiarisce Lucchi. Però, in molti altri casi le lettere e i richiami sono andati a vuoto, come per la questione più volte sollevata della sabbia asportata dalla spiaggia e messa a disposizione di chi ha Bagni in concessione. “Non si può usare la spiaggia come cava. Tre anni fa hanno portato via 150 camion di sabbia”.
La querelle del porto
In altri casi ancora, la tegola in testa al Comitato è arrivata all’improvviso. È bastato il consenso del Demanio e il beneplacito del Q1 per far partire l’azione. Parliamo del caso molto dibattuto della concessione di un tratto di arenile antistante piazzale Boscovich, 20 metri, destinati al passaggio delle barche della scuola di vela del Circolo Nautico. Il tutto, però, è successo inaspettatamente.
“Lo abbiamo saputo dai giornali. Nulla contro la scuola di vela ma in questo caso si è raggiunta subito una soluzione. Nel senso che qualche tempo fa avevamo chiesto all’Amministrazione una passerella per disabili ma tra concessioni, permessi e burocrazia varia non si è arrivati a nulla, ci stupiamo, invece della rapidità con cui si è decisa questa cosa”, lamenta Lucchi. E proprio quest’ultimo episodio ha portato a una raccolta di firme. Tra le quali c’è anche quella del consigliere comunale del PD, Fabio Pazzaglia: “quella di Marina centro è l’unica degna di essere chiamata spiaggia libera”. Il Comitato, oltre ad avere aperto una pagina su Facebook, sta continuando la raccolta firme, giunta ormai a più di 400. Inoltre, nei prossimi giorni, un telone lungo 20 metri, proprio quanto la striscia di terra sottratta dalla scuola di vela, verrà ricoperto di fotografie, messaggi di protesta che in un secondo momento verranno recapitati a Palazzo Garampi. Obiettivo: convincere l’Amministrazione a ripensare il passaggio della scuola di vela sulla spiaggia del porto. “Cercheremo di fare il possibile per non perdere altra spiaggia libera”, assicura Stefano Lucchi. Perché togliere altri 20 metri vorrebbe dire stipare ulteriormente cittadini e turisti. Se pur declassata al rango di spiaggia di nessuno e per questo di serie B, la percentuale di spazio libero non basta per coprire nemmeno il minimo delle esigenze durante l’estate. Infatti, chi non riesce a trovare una sistemazione decide di stendersi illecitamente lungo la battigia. A quel punto, secondo l’ordinanza Regionale 1/2010, può scattare una multa da 100 a 1000 euro. Chi può contestare non è il bagnino ma solo la Guardia Costiera o la Polizia municipale.
San Giuliano, che rabbia!
Se a Marina centro si è costretti alla battigia, a San Giuliano si è obbligati ad andare via. Voluta inizialmente come terra di nessuno, oggi sta scomparendo a causa delle correnti che ne portano via un pezzo ogni giorno. Insomma, per questi lembi selvaggi non c’è tregua a meno che “non si vedano come risorsa da valorizzare, come una ricchezza. Secondo me tutta l’industria del turismo ha una visione di corto respiro. Si deve pensare che non tutti possono permettersi di pagare l’ombrellone e solo in questo modo si può garantire un momento di relax a tutti, andando incontro alla richieste di tutti i cittadini”, afferma Pazzaglia che proprio su questo punto, assieme al Comitato, batte chiodo: la possibilità di mare per tutti è un diritto.
Marzia Caserio