Guardare e raccontare storie di persone. Questa la lezione di Raffaele Masto, giornalista di Radio Popolare – storica emittente libera di Milano – e Simone Amendola, filmaker e documentarista romano. Questo è quello che i due autori cercano di fare e che hanno raccontato a Rimini ai giornalisti di World Communication, con mezzi e tecniche diverse, ma con un’idea chiara: si parla di persone singole. “Storie – come racconta Amendola che nel 2010 ha vinto il premio IADoc Ilaria Alpi col documentario Alysia nel Paese delle Meraviglie, che racconta la vita di una comunità straniera a Roma – che sono belle quando raccontano la normalità e le difficoltà della vita di un ragazzo non considerato come immigrato, ma come una persona con i suoi problemi. Ricordo ancora quando un mio amico, curdo, una sera a casa mia, tra una bevuta e l’altra, mi ha raccontato dei suoi problemi amorosi. E solo di quelli, nonostante le incredibili vicissitudini passate per arrivare in Italia”. Eccolo il bandolo della matassa. L’idea che la persona arrivata in Italia abbia come unico problema il fatto di essere un immigrato prima ancora di essere un curdo, un marocchino, un ragazzo impelagato in una storia d’amore o in cerca di lavoro. continua Amendola – perché il racconto secondo me colpisce di più, gioca sulle emozioni e si concentra non sulla notizia, ma sulla storia”. Ovvio che le storie bisogna averle, conoscerle e cercarle. Ed è proprio sulla base di questo assunto che Raffaele Masto ha deciso di tenere un contratto di lavoro part time, con Radio Popolare e dedicare il resto del tempo a girare il mondo alla ricerca di storie. “La società sta fuori dalle redazioni. Se si rimane seduti davanti al proprio computer in attesa di un comunicato stampa non si racconterà mai nulla”. Anche il mezzo è importante. E la radio, per Masto, è più efficace della tv. “Una volta in Zambia lanciammo un sondaggio, alla radio, agganciandoci ad una legge appena approvata per cui la donna poteva denunciare il marito se veniva picchiata. Mandammo delle ragazze in giro con dei microfoni a chiedere agli uomini come avrebbero reagito se avessero scoperto che la moglie li tradiva. Il servizio si trasformò in un caso e la radio divenne il luogo in cui le donne andavano a denunciare i maltrattamenti subiti. La radio ha davvero la capacità di infilarsi nella vita di tutti i giorni, cosa che la tv, con le sue continue distrazioni, non fa”.
Stefano Rossini