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E io non pago

La notizia della condanna inflitta alle pagine social che, con la scusa dell’ironia, un anno fa avevano denigrato l’immagine di Rimini è un segnale positivo: i confini possono ancora essere fatti rispettare. Non per giustificare chi eccede ma per capire il contesto in cui ciò avviene va comunque spiegato che Facebook è da tempo una terra di nessuno dove è facile illudersi che non valgano le leggi del mondo civile. Al momento, pare non valgano per il gestore che alla luce del sole fa business ospitando a pagamento post fasulli che usano illecitamente le immagini dei vip per vendere discutibili prodotti finanziari. Che accoglie senza filtri nè controlli sedicenti pagine religiose che promettono protezione divina a chi condivide su whatsapp le ‘benedizioni’ e scrive amen, sottraendo numeri di telefono e dati personali (se avete nonni/e sui social, cercate di badarli per favore). O il boom del momento: le più assurde immagini fatte con l’intelligenza artificiale che però per svariati interessi traggono in inganno miriadi di sprovveduti. Ovviamente approfittando di normative internazionali del tutto inadeguate all’esplosione incontrollata dei social ma anche di un concetto del tutto distorto di ‘libertà di espressione’. Il benestante signorino che possiede Facebook di recente ha pubblicamente reso noto che i democratici Usa durante il Covid non gli facevano pubblicare tutto, passando pure per un martire della censura. E nel contempo continuando ad alimentare l’algoritmo del suo social con le peggio cose. Insomma, come dicono gli americani, il classico “chiagni e fotti”. Di chi tanto sa che a pagare in ogni caso non sarà lui.