Strana storia, quella della Missa Pacis. Scritta a due passi dal Duomo da Amintore Galli, l’autore dell’Inno dei Lavoratori, riminese dell’alta Valmarecchia, come risposta all’appello per la pace del papa Benedetto XV, non ha mai messo piede in Basilica Cattedrale. La “prima“ della Missa venne eseguita infatti nella chiesa di San Giovanni Battista. Dopo l’edizione critica di Gian Andrea Polazzi, esordirà tra le colonne e le Cappelle della Basilica Cattedrale domenica 9 ottobre, alle ore 21. Il concerto della Missa Pacis di Galli (il compositore al quale è intitolato il teatro cittadino) è organizzato in preparazione alla festa di San Gaudenzo. L’introduzione è affidata al Vescovo di Rimini Francesco Lambiasi. La parte musicale dell’opera è tutta riminese: l’orchestra, infatti, è quella che vede affiancati alunni e professori del Liceo Musicale ”Lettimi”, il coro è l’”Amintore Galli”.
La pubblicazione della Missa Pacis di Amintore Galli costituisce il punto d’arrivo di un percorso di studi sul compositore (del quale Talamello e Perticara si contendono i natali, il 12 ottobre 1845, mentre è morto a Rimini l’8 dicembre 1919) iniziato nel 2002 da Gianandrea Polazzi. La ricerca sull’autore ha prodotto, innanzi tutto, la pubblicazione di Rimini e Amintore Galli, volume in cui Gianandrea Palazzi, Maria Chiara Mazzi e Andrea Parigini hanno recuperato un inatteso legame del musicista con la città che si è scoperto più profondo, intenso e documentato di quanto finora non fosse emerso. A questo primo risultato ha fatto seguito, il 23 settembre 2002, un’intera giornata di studi dedicata a Galli. Ora il lavoro si completa con la pubblicazione della partitura per coro e organo della Missa Pacis, eseguita per la prima volta a Rimini il 14 settembre 1919, nel corso di una solenne cerimonia per la conclusione della Prima Guerra Mondiale, presso la restaurata chiesa di San Giovanni Battista.
In quegli anni Galli risiedeva stabilmente a Rimini, prendendo parte attiva alla vita culturale della città: si trattava della personalità musicale più importante dell’epoca e quindi non deve stupire che, a breve distanza dalla fine della guerra, la celebrazione della pace finalmente raggiunta fu affidata proprio ad un suo lavoro. L’esecuzione, come ricorda L’Ausa del 13 settembre, avvenne all’interno di una lunga giornata che comprendeva anche l’inaugurazione dell’Ara Pacis – “creazione del concittadino prof. Brici sorta per volontà del compianto don Carlo Ghigi, direttore dell’Ordine del Carmine“ – e costituiva la parte musicale di una funzione solenne che il vescovo di Rimini celebrò nella chiesa di San Giovanni Battista. Alla Missa Pacis è collegato, tra l’altro, un piccolo giallo che riguarda la cronologia della sua composizione. Due documenti sembrano retrodatare il brano, o almeno parte di esso, ad un periodo antecedente alla sua prima esecuzione integrale. Il secondo è una cartolina postale del 14 marzo 1919 inviata da Galli all’amico Ettore Mattioli in cui, non senza acrimonia, l’Autore riferisce dei «mali trattamenti» subiti dalla sua opera:
”Non le dico in quali mani sarà caduta poi la Missa Pacis. C’è da schiattare per i mali trattamenti di gente educata in questa sacristia! Di gente che non vede se non l’affare, ignorantissimi in arte, senza cuore e senza educazione”.
Ad ogni modo, la visita del Re a Rimini è fra gli avvenimenti connessi alla Missa quello forse più problematico. ”Considerato che in quella fase della guerra non c’era posto per invocazioni alla pace, e ammesso pure che la Missa abbia avuto una gestazione più lunga e una destinazione diversa dalla celebrazione della fine del conflitto, possiamo supporre, – avverte Gianandrea Polazzi – in presenza di un documento certo, che la manifestazione non sia terminata con la partenza del sovrano ma abbia avuto un’estensione nel corso della giornata, con tanto di cerimonia religiosa conclusiva”.
La storia della Missa Pacis, lavoro della maturità di Galli, non termina tuttavia con l’esecuzione del settembre 1919, ma ha il suo epilogo oltre un anno più tardi quando, dopo la morte del Maestro, il critico Vito Fedeli – rispondendo a una lettera del figlio di Galli, Pericle, che gli aveva mandato il manoscritto chiedendo un parere sull’eventualità di una pubblicazione dell’opera – esprime un circostanziato giudizio sulla composizione.
Ecco cosa scrive il Fedeli da Novara il 12 dicembre 1920: ”La messa è un lavoro eccellente, magnifico, degno in tutto della mente superiore che lo ideò e attuò. Non è una messa liturgica, nel senso oggi voluto dai più intransigenti riformisti di musica sacra, ma segue le tradizione de’ migliori autori del genere religioso ‘concertante’ in grande stile: M. Haydn, Cherubini, Mozart, Beethoven, ecc.
L’illustre suo padre ha lasciato con quest’opera un’altra testimonianza ben chiara della sua alta e dotta cultura, della sua molteplice fecondissima attività, de’ suoi nobilissimi sentimenti d’uomo ed artista”.
Da allora, forse anche per le difficoltà esecutive che essa presenta, la <+cors>Missa Pacis<+testo_band> non è più stata eseguita ed anche il progetto di una sua pubblicazione è stato dimenticato. Fino ad oggi.
Tommaso Cevoli