Diretta da Daniele Giorgi l’Orchestra Leonore propone la Nona sinfonia a Pistoia, Perugia, Rimini e Amburgo
PISTOIA, 23 ottobre 2024 – Beethoven aveva la ferma convinzione che la musica potesse contribuire a migliorare l’uomo. E la Nona sinfonia incarna, meglio di ogni altra sua composizione, quest’idea: grazie anche alle parole dall’ode di Schiller, utilizzate nel quarto movimento, con il loro accorato e nobile invito alla fratellanza.
Trascorsi due secoli esatti dalla prima esecuzione, quest’anno la Nona è stata inevitabilmente inserita in numerosi cartelloni. Al nutrito elenco appartiene anche l’Orchestra Leonore, fondata dal violinista Daniele Giorgi esattamente dieci anni fa (per loro l’anniversario da festeggiare è dunque duplice): un insieme strumentale dal nome impegnativo e carico di responsabilità. Si chiama così, infatti, la protagonista di Fidelio, l’unico titolo operistico del catalogo beethoveniano, capolavoro troppo spesso sottovalutato e rimasto comunque sempre di rara esecuzione. Non è però soltanto la particolarità del nome a destare curiosità e rendere speciale questo ensemble, quanto la provenienza dei suoi componenti. Caso unico in Italia, è costituito da strumentisti che fanno parte di formazioni cameristiche o di orchestre – spesso si tratta di prime parti – dei più blasonati complessi europei, che si riuniscono per mettere a punto un nuovo programma da concerto e poi portarlo in tournée: questa volta, dopo Pistoia, la Nona approderà a Perugia, Rimini e Amburgo.
Non basta tuttavia mettere insieme ottimi musicisti per ottenere una buona orchestra: durante le prove – e dunque in tempi brevi – si deve formare l’amalgama che faccia scattare la giusta alchimia fra gli strumentisti. Daniele Giorgi possiede queste capacità di aggregazione. Forte della sua esperienza come violinista, conosce a fondo meccanismi e dinamiche che regolano i rapporti fra orchestrali, per cui riesce ad azionare le leve giuste per farli lavorare insieme, prima di affrontare il giudizio del pubblico.
L’esecuzione al Teatro Manzoni di Pistoia è stata accolta con grandissimo e meritato entusiasmo. Gesto nitido e sobrio – Giorgi dirige senza bacchetta – che si traduce in una lettura asciutta e molto sorvegliata: mai algida, però, e invece attenta a stagliare le frasi in modo nitido, senza enfasi eccessive nei contrasti dinamici, ma neppure assecondando un’aggressività ritmica che forzerebbe, a livello stilistico, le intenzioni beethoveniane. Un tipo di attenzione che s’intuiva già dall’Ouverture da concerto in sol maggiore di Luigi Cherubini (1815) che ha introdotto la serata, di cui orchestra e direttore hanno sottolineato l’aspetto solenne e l’incedere austero, ponendo sempre notevole attenzione a evidenziare le assonanze tra il compositore toscano e Beethoven.
Fondamentale durante l’Inno alla gioia il contributo del magnifico Philharmonischer Chor München, preparato da Handreas Herrmann. Potendo contare sullo straordinario supporto di questa compagine corale, i solisti di canto davano la sensazione di volersi solo inserire nella loro scia, dal soprano Nika Gorič al mezzosoprano Natalya Boeva, dal tenore Matthew Swensen al basso Roberto Lorenzo: l’unico, però, che avendo il compito d’intonare An die Freude in totale solitudine, ha avuto modo di mettere in luce le sue apprezzabili qualità vocali.
All’Orchestra Leonore bisognerebbe guardare come modello: non solo per la sua organizzazione, ma pure per le attività che vi ruotano attorno, a Pistoia, dove ha base. Il “Progetto Floema”, come il nome di quei tessuti vegetali viventi dotati di molteplici funzioni (Pistoia, si sa, è un territorio di vivaisti e dunque i termini botanici fanno parte del lessico familiare), indica una serie di attività indirizzate ad avvicinare i giovani alla musica. Per questo si svolgono spesso in spazi non tradizionali, proprio per intercettare persone che non entrerebbero mai in una sala da concerto. Un’intuizione molto buona, anzi eccellente, per costruire il pubblico di domani.
Giulia Vannoni