Palestina. Due testimonianze raccontano il dramma in atto nella Striscia di Gaza, ma anche nei Territori Occupati della Cisgiordania, con i coloni armati
“In Cisgiordania la situazione è drammaticamente peggiorata dopo il 7 di ottobre”. La conferma arriva da Operazione Colomba. In Medio Oriente ‘è un fronte dichiarato, nella Striscia di Gaza. E c’è un fronte “di fatto” nella West Bank. “I coloni israeliani sono stati pesantemente armati con M16 dallo stato di Israele”, ci ricorda Giammaria, operatore nel villaggio di Al Tuwani. Qualche settimana fa, infatti, dopo l’attacco altrettanto drammatico del gruppo terroristico Hamas ai kibbutz nel sud di Israele, è stato proprio il ministro per la sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir a mettere in mano ai coloni 4mila fucili d’assalto e altre armi professionali. Per un totale di 10mila pezzi.
“Subito dopo l’attacco, per un giorno e mezzo, due, abbiamo registrato una massiccia presenza di soldati israeliani in West Bank. Poi sono iniziate le ronde di pattugliamento dei coloni, armati e vestiti come militari, ma senza simboli. Da lontano è difficile distinguerli da quelli veri. Quando poi ti avvicini abbastanza vedi che hanno a piedi delle sneackers o indosso una maglietta un po’ diversa da quelle d’ordinanza e capisci che sono civili”.
L’aumento “esponenziale di armi in mano ai coloni ha reso ancora più pericoloso spostarsi al di fuori dei villaggi se sei palestinese”, chiarisce Giammaria. “Anche dove non ci sono i check point sono state diverse le occasioni in cui i coloni hanno sparato ai palestinesi costretti a uscire dai villaggi per andare a fare la spesa, per portare al pascolo le pecore, per raccogliere le olive”. E il danno non è solo fuori, ma anche dentro i centri abitati. E a nulla vale la presenza dei volontari internazionali.
“In diverse occasioni i coloni sono entrati danneggiato case e rifugi, le tubature dell’acqua, i capanni degli animali. Sparano ad altezza uomo. Nel nostro villaggio hanno colpito un ragazzo palestinese. Lo hanno fatto a volto scoperto, ripresi da telecamere (quelle dei cooperanti, ndr) , davanti all’esercito… che non ha fatto niente”.
Il tutto avrebbe una ragione, o meglio uno scopo. “Questa operazione di pulizia etnica non è nuova in West Bank. Da quando siamo, lì possiamo verificare un fatto: le colonie aumentano e i palestinesi vengono cacciati. Indipendentemente dal governo che c’è. Ci sono periodi in cui le colonie si espandono lentamente e altri, come questo, in cui lo fanno più velocemente. L’obiettivo è chiaro. Limitare la presenza palestinese in zona A”. In Cisgiordania le aree A corrispondono alle città con pieno controllo palestinese, le aree B ai villaggi con controllo misto , mentre le aree C sono sotto il controllo, non riconosciuto a livello internazionale, dell’esercito israeliano. Lì c’è anche Al Tuwani.
“Questa è una delle radici del problema. In pratica, i coloni fanno il lavoro sporco di quello che è un progetto coloniale che va avanti da decenni. Se non si arriva a fermare l’operazione militare è inutile parlare del dopo”.
All’interno di questo “piano coloniale”, le “tensioni scaturite dall’inizio della guerra sono viste dai coloni come un’occasione per aumentare le ostilità e costringere la popolazione palestinese ad andare via dai villaggi“. Gli attacchi dei coloni “sono insostenibili”. Si è calcolato che la scorsa settimana siano stati 150 i villaggi palestinesi abbandonati in West Bank. “In alcuni casi sono i coloni a dare l’ultimatum. Arrivano lì e dicono: se non ve ne andate entro 24 ore entriamo e vi uccidiamo tutti”.
Drammatici i fatti nel Villaggio di Qusra dove qualche giorno prima i coloni avevano ucciso quattro persone e successivamente hanno fatto fuoco anche contro il loro corteo funebre, uccidendo altri due palestinesi.
Va da sé che in una situazione simile, i cooperanti hanno le mani legate. In genere accompagnano i bambini che dai villaggi attorno raggiungono al Twani per frequentare la scuola, oppure i pastori verso i pascoli, o gli agricoltori verso i loro terreni. Adesso “è impensabile”.
“I bambini non vanno a scuola”. La strada che dovrebbero fare per raggiungere al Tuwani dai loro villaggi “passa tra un avamposto dell’esercito e una colonia. Oggi è completamente impensabile transitare. I palestinesi adesso devono valutare se uscire o meno dal villaggio per fare la spesa. Figurati mandare i bambini a scuola. La scorsa settimana ci hanno anche provato ad aprire una scuola. Presto sono arrivati i coloni e hanno fatto irruzione con la scusa di togliere la bandiera palestinese che era esposta. Hanno arrestato il preside che ha protestato per ciò (lo hanno rilasciato dopo poco, comunque). Di fatto da un mese e dieci giorni il diritto alla studio è violato e non garantito. Nella maniera più assoluta”.
Chi vive di pastorizia per andare al pascolo deve rischiare di perdere le sue pecore, visto che i coloni gli sparano contro. “E’ successo. In altri casi è andata meglio: hanno sparato in mezzo alle gambe e il pastore è stato solo ferito a una gamba”.
Chi vive del frutto della propria terra, sta perdendo tutto perché non si può andare a raccogliere. Adesso, così come qui, anche in Terra Santa è il tempo delle olive. “Vicino Nablus, un contadino è stato ucciso mentre cercava di raccogliere le olive. I soldati o stanno a guardare o partecipano alle incursioni dei coloni”.
E’ da da tutto questo che nasce la “categorica richiesta del cessare il fuoco” da parte degli operatori di Operazione Colomba.