Muti ha diretto a Jesi il concerto inaugurale delle celebrazioni per i duecentocinquanta anni dalla nascita di Spontini
JESI, 16 marzo 2024 – Si sa che Riccardo Muti ha una predilezione per Gaspare Spontini e non ha mai perso occasione per sottolinearlo. È pure cittadino onorario di Maiolati, il piccolo centro – a pochi chilometri da Jesi – che nel 1774 diede i natali al musicista e dove l’autore della Vestale fece ritorno al termine di una carriera europea di successo spesa tra Parigi e Berlino. Non poteva esserci scelta migliore, dunque, che affidare a Muti il concerto di apertura delle celebrazioni spontiniane, organizzate per il duecentocinquantesimo anniversario dalla nascita del compositore marchigiano. Così, al teatro Pergolesi di Jesi, con replica il giorno successivo ad Ascoli Piceno, l’illustre direttore ha guidato la sua Orchestra Cherubini in un concerto che accostava brani appartenenti a due opere per lui familiari e già affrontate in passato: un’aria tratta da Agnese di Hohenstaufen e un’altra proveniente dalla Vestale, in abbinamento alla sua ouverture.
La serata si è aperta però con lo splendido Stabat Mater di Pergolesi, doveroso omaggio al grandissimo conterraneo di Spontini. Questa pagina, intrisa di spiritualità, fu scritta poco prima di morire dal ventiseienne Pergolesi, compositore che ha impresso un segno indelebile nella storia della musica, rivoluzionando il teatro d’opera: ammiratissimo in Francia (è legata al suo nome la ‘querelle des bouffons’, esplosa a metà settecento dopo l’esecuzione parigina della Serva padrona) e dallo stesso Bach, oltre che rivisitato in anni molto più vicini a noi pure da Stravinskij. Nonostante la defezione del soprano titolare, ammalatasi all’ultimo momento, l’esecuzione non ha perso niente della sua scorrevolezza. La sostituta Damiana Mizzi, cantante di voce sottile ed emissione sicura, e il mezzosoprano Margherita Maria Sala, dalla vocalità invece più tonda, sono apparse sempre molto coinvolte e compenetrate, riuscendo a imprimere grande espressività al testo latino attribuito a Jacopone da Todi. L’orchestra, che nello Stabat è di soli archi, ha affrontato questo capolavoro sfoggiando una meravigliosa morbidezza di suono e scandendo la teatralità di una musica che vira da una tenera malinconia e uno struggente abbandono fino ai più intensi accenti drammatici.
Se in Pergolesi l’esito era persino scontato, le sorprese maggiori sono arrivate nella seconda parte della serata, con la musica assai meno nota di Spontini. L’organico qui cambia e la strumentazione diviene notevolmente più densa, tale da impegnare la protagonista Lidia Fridman – giovane, ma già garanzia di sicuro talento – a reggere un confronto assai impegnativo con lo spessore orchestrale. Il soprano russo si è rivelata interprete ideale di questo autore. Sfoderando un notevole temperamento, ha affrontato prima la splendida aria No, Re del cielo dal secondo atto di Agnese, poi Toi que j’implore avec effroi, la pagina forse più celebre e appassionata della Vestale (non va dimenticato che questo ruolo è indissolubilmente legato alla Callas), dove ha messo in luce un pregevole timbro da soprano drammatico, in grado di salire con naturalezza mantenendo sempre ben salda l’emissione. Da parte sua, Muti – riservandosi l’ouverture della Vestale come brano conclusivo del concerto – ha valorizzato come meglio non si potrebbe una musica in cui si colgono benissimo quelle anticipazioni sviluppate in seguito dai tanti autori che hanno preso a modello Spontini: da Berlioz a Wagner.
Dopo aver diretto nel lontano 1970 Agnese di Hohenstaufen in un’esecuzione radiofonica, con Monserrat Caballé protagonista, e La Vestale alla Scala nel 1993 (esistono i dischi di entrambe le opere), Muti accarezzava anche l’idea di Fernand Cortez. Sarebbe proprio questo il miglior omaggio per onorare il compositore di Maiolati.
Giulia Vannoni