Lo diamo per scontato. Per chi vive a Rimini da sempre, per chi ci è nato e cresciuto, risulta normale concepirla come una città che, necessariamente, presenta due facce. Due identità opposte tra loro, ma che convivono in simbiosi. C’è la Rimini estiva, fatta di divertimento, musica, feste, spiagge e strade piene di persone provenienti da tutto il mondo. E una Rimini d’inverno, che torna a riappropriarsi dei propri spazi, della propria storia e delle proprie tradizioni. Tutto questo sembra banale, ma così non è. Questa doppia identità di Rimini, infatti, è un elemento che colpisce, che sorprende. A dimostrarlo sono i tanti stranieri che, per i più diversi motivi, raggiungono Rimini sia in estate sia in inverno, rimanendo molto spesso spiazzati.
Tra questi c’è Sinem Demirkaya, 28 anni, originaria della Turchia e oggi studentessa universitaria a Rimini, nel corso magistrale di Moda. Sinem racconta proprio di come, partendo da una città con un’identità forte e precisa come Istanbul, l’anima bifronte di Rimini sia una caratteristica sorprendente, nuova, che colpisce. Non necessariamente in senso positivo.
Sinem, partiamo dall’inizio. Perché hai scelto di trasferirti in Italia?
“Sono arrivata la prima volta in Italia quando avevo 17 anni, per frequentare un corso in un istituto privato di Firenze, dedicato alla cultura e alla lingua italiana. Una volta finito, ho deciso di rimanere in Italia per frequentare l’università, sempre a Firenze: mi sono laureata all’Accademia Italiana Arte&Design e, dopo qualche esperienza lavorativa in questo campo, sono ritornata a Istanbul per studiare Scienza dei Comportamenti. Dopo qualche anno ho fatto domanda per frequentare un programma internazionale che mi permettesse di avere un diploma di Master: il Fashion Culture and Management (FCM) Programme del 2017”.
E perché proprio Rimini?
“Quando ho vissuto a Firenze ho sentito spesso il nome di Rimini, molto conosciuta per la sua alta qualità della vita. Così, quando ho fatto domanda per l’iscrizione al FCM, mi sono informata sulla possibilità di scegliere la sede universitaria di Rimini. E così è stato”.
E ora che ci vivi, cosa ne pensi?
“Voglio essere sincera. Rimini è una bella città, mi ha trattato sempre molto bene. Però, come in tutte le cose, ci sono aspetti positivi e negativi. Io provengo da Istanbul, una grande metropoli, e per questo sono abituata a trovare la pace nel suo peculiare rumore, a vivere di tanti stimoli, costanti, che fanno parte della sua precisa identità. Qui a Rimini, invece, è l’esatto opposto: esiste una forte dualità, l’identità della città estiva è estremamente diversa da quella della città invernale, e questa è una caratteristica che spesso, per quello che ho percepito e percepisco personalmente, crea uno squilibrio nei comportamenti sociali”.
In che senso?
“La Rimini estiva è troppo focalizzata sul consumismo, e questo mi ha dato la sensazione di una generale difficoltà nello stabilire rapporti o comunicazioni profonde. Questi elementi, personalmente, mi hanno spinto a voler addirittura scappare dalla città. E, in questo senso, è stato l’entroterra a permettermi di non farlo”.
Perché? Cos’hai trovato nell’entroterra riminese?
“Mi racconta molto di più, c’è un’identità più forte, più precisa. Ne sono certa: se non avessi avuto l’opportunità di vedere quei luoghi meravigliosi, il mio commento su Rimini sarebbe stato diverso, e intendo in senso negativo. Ho avuto l’opportunità di parlare di questo con alcuni cittadini di Rimini, e devo dire che il confronto mi sta aiutando a cambiare opinione. È un cambiamento graduale e quotidiano”.
Quali i luoghi, e cosa ti ha colpito così tanto?
“Quando ho avuto la possibilità di percorrere la strada verso la Valmarecchia, tutti i piccoli luoghi che ho incontrato mi hanno incantata: Santarcangelo, Verrucchio, San Leo, Pennabilli… Ho viaggiato in quei luoghi sempre spontaneamente, spinta solo da una curiosità quasi infantile, quella che ti fa meravigliare di tutto. Ciò che mi ha colpito di più, oltre alla bellezza estetica di ogni borgo e a quella della natura, sono le persone e le loro storie. Storie toccanti di persone generose che condividono una sapienza semplice ma profonda, proveniente dalla conoscenza della terra. Contadini o artigiani, hanno tutti un livello di sincerità molto alto, hanno il senso della comunità e non vogliono prevaricarsi a vicenda. Oltre a una forte gioia interiore, contagiosa. Ecco, forse tutto questo è ciò che manca a Rimini”.
Sei giovane, pensi al futuro. Cosa credi che rimarrà in te di queste esperienze?
“Sono state esperienze talmente importanti che già, nel breve futuro, voglio dedicare la mia tesi universitaria proprio agli ‘Artigiani e Artisti dell’Emilia Romagna’. Dopodiché vorrei continuare a studiare: mi piacerebbe analizzare i fenomeni della società di oggi, così come ho riflettuto sulle dinamiche della società di Rimini”.