Nemmeno il lockdown ha fermato la droga. È tristemente noto come l’arrivo improvviso della pandemia abbia avuto un impatto psicologico profondo su tutti noi, amplificando le nostre fragilità, ansie, paure e solitudini. In questo contesto, chi si trovava a dover fare i conti con i propri demoni personali, come quelli subdoli della tossicodipendenza, ha visto complicarsi notevolmente la propria battaglia.
Un lato “positivo” in tutto questo, però, poteva essere rappresentato dalla quarantena: l’isolamento, almeno in teoria, avrebbe potuto ostacolare la diffusione delle sostanze stupefacenti, arginandone il consumo. Ma così, purtroppo, non è stato.
A scattare questa amara fotografia è la consueta analisi compiuta dall’Osservatorio sulla tossicodipendenza della comunità riminese di San Patrignano. Analisi che, quest’anno, dedica uno specifico focus proprio alla pandemia e al lockdown, attraverso un sondaggio (anonimo) proposto ai ragazzi e alle ragazze presenti in comunità.
Il sondaggio
Il focus prende in esame coloro che sono entrati a San Patrignano dopo aver vissuto almeno un lockdown, vale a dire nel periodo compreso da maggio 2020 alla fine di aprile 2021. E il risultato è tanto chiaro quanto sconfortante: delle 150 persone che hanno aderito al sondaggio (126 ragazzi e 24 ragazze), 137 hanno fatto uso di sostanze anche in periodi di restrizione e isolamento in casa.
Tradotto: il 91,3%, 9 persone su 10. Un uso di sostanze che è rimasto costante per il 41,6% dei soggetti, aumentato per il 28,5% e diminuito per il 29,2%. “ Se il dato poteva essere immaginabile visto il richiamo della dipendenza, – sono le parole del dottor Antonio Boschini, responsabile terapeutico di San Patrignano – oggi è confermato da quanto riportato dai ragazzi della comunità, con un’attività di spaccio e di acquisto che non ha trovato freni nonostante il periodo”.
Le modalità di reperimento
Attraverso quali canali la droga è riuscita a circolare in modo così agile nonostante le limitazioni imposte nelle fasi più acute della pandemia?
Paradossalmente, il canale principale è quello più scontato e “banale”: l’80,3% degli intervistati ha affermato di essere semplicemente uscito di casa per andare a comprare le sostanze. Niente di più, niente di meno. Ma non solo. Così come il Covid-19 ha dato linfa ai servizi di consegna a domicilio, anche il mondo delle sostanze stupefacenti si è adattata: il 74,4% di chi ne ha fatto uso ha ricevuto le sostanze direttamente a casa propria. Non manca, infine, la distribuzione via Internet (l’8% ha acquistato droga sul web).
Il ruolo predominante della cocaina
Di quali sostanze si parla? La “regina” rimane la cocaina, con l’83,2% dei soggetti che ne ha fatto uso, seguita dall’alcool (73%), dalla cannabis (62%) e dall’eroina (35%).
Il lockdown, purtroppo, non solo non è riuscito ad arginare la diffusione delle droghe, ma ha colpito duramente tutte quelle persone che avevano bisogno di essere accolti a San Patrignano per cominciare un percorso e che si sono trovati le porte chiuse, a causa del Covid-19.
Quasi la metà di loro, infatti, il 40,9% aveva pensato di abbandonare l’idea di affrontare il percorso di recupero. “Una percentuale che ci lascia immaginare che diversi ragazzi, a causa della chiusura della comunità, abbiano potuto desistere dal provare a entrare, continuando a far uso di sostanze”, spiega il dottor Boschini. Il 48% di loro, per fortuna, ha trovato supporto all’interno della cerchia familiare.
La situazione generale
Come detto, oltre al focus specifico dedicato alla diffusione delle droghe durante i periodi di lockdown, l’Osservatorio sulle tossicodipendenze di San Patrignano ha realizzato anche la consueta analisi annuale, che prende come riferimento tutto il 2020, fino ad arrivare alla fine di aprile 2021.
Il primo dato che emerge è il calo generalizzato degli ingressi, per ovvi motivi legati al Covid-19, al primo lockdown e alle successive procedure di quarantena. Nello specifico, si registrano 241 nuovi ingressi, a fronte degli oltre 400 degli anni precedenti. L’età media rimane bassa, attestandosi sui 29 anni (30 fra i maschi, 25 fra le femmine). Anche in questa prospettiva più ampia, la cocaina continua a farla da padrona: a farne uso, infatti, è il 96% delle persone in comunità, il dato più alto degli ultimi 5 anni.
Aumenta anche l’uso di cannabis (90,9%), mentre l’ecstasy (46%) arriva a superare l’eroina (45,6%). Seguono la ketamina (34,4%), le amfetamine (29,5%) e gli allucinogeni (28,6%).
Cocaina che rimane in testa anche per quanto riguarda la dipendenza primaria, ossia la sostanza alla quale sono maggiormente dipendenti le persone accolte in comunità: lo è per il 53,5% di loro, seguita dall’eroina che, con il 34,9%, rimane al secondo posto ma cala rispetto all’anno precedente (35,4%).
“Il notevole incremento della cocaina come dipendenza primaria – sottolinea ancora il dottor Boschini – è trainato dal crescente uso di cocaina fumata (crack), che provoca molta più dipendenza della cocaina inalata. I ragazzi spesso raccontano di come fossero, a loro dire, in grado di gestire l’uso di cocaina finché ne facevano un uso inalatorio, ma che ne perdevano il controllo quando passavano al crack”. Rimane costante, infine, il problema della poliassunzione: il 90,9% dei nuovi accolti ha utilizzato in modo continuativo più sostanze, dato in crescita rispetto al 2019 (85,8%).