I giovani e la droga. Un connubio, purtroppo, molto noto. Quasi scontato, banale, ma non per questo da lasciare in un angolo, da sottovalutare o ignorare. Un connubio noto anche nel nostro territorio: Rimini ha vissuto il tempo della crisi della droga giovanile, soprattutto a cavallo tra anni Settanta e Ottanta, e ha quindi sviluppato una grande sensibilità su questo tema, che col tempo si è tradotta in un forte impegno, quotidiano e in prima linea, nella lotta alle droghe, nel sostegno ai tossicodipendenti e nella sensibilizzazione sull’argomento. Non è un caso, infatti, che proprio a Rimini esistano, tra le altre, due realtà di livello nazionale impegnate sul fronte della lotta alle droghe: la Papa Giovanni XXIII e la Comunità di San Patrignano.
Ed è proprio da queste due realtà che nelle ultime settimane, in concomitanza con la Giornata Mondiale della Lotta alla Droga, sono state espresse preoccupazioni concrete sullo stato della diffusione e del consumo di droghe tra i più giovani, soprattutto minorenni, in Italia e nel nostro territorio.
Una situazione allarmante
“Nell’ultima Relazione del Governo sulle Tossicodipendenze emerge come oltre un quarto degli studenti delle scuole superiori abbia fatto uso di cannabis, mentre un terzo degli studenti minorenni ha provato sostanze psicoattive”. Così introduce il tema, esprimendo seria preoccupazione per quello che può definirsi come un vero e proprio allarme, Giovanni Paolo Ramonda, Presidente di Apg23. “I giovani non possono essere annebbiati e spenti dal fumo della cannabis. Al contrario i giovani sono pieni di vita e hanno bisogno di opportunità per sviluppare i loro talenti, per trovare un lavoro, per costruirsi una famiglia”. Una situazione allarmante che va gestita non solo con la lotta diretta alle droghe, ma con un’intensa attività di sensibilizzazione: in questo senso si inserisce la Festa della InterDipendenza, l’evento con il quale la Comunità di don Oreste Benzi ha deciso di puntare l’attenzione (a fine giugno) su questo tema così sensibile e delicato, attraverso letture e testimonianze di tanti giovani che sono stati in grado di rinascere dopo il tunnel della droga. Perché “la dipendenza ci fa schiavi, l’indipendenza ci fa soli, l’interdipendenza ci fa liberi assieme”, come recita il motto dell’evento.
Forte preoccupazione anche da parte della Comunità di San Patrignano. “Se si considerano le persone minorenni, in particolare le femmine, – spiega Antonio Boschini, responsabile terapeutico della comunità – negli ultimi 2-3 anni stiamo osservando una tendenza ad una dipendenza da eroina molto precoce, per via iniettiva, e senza alcuna percezione dei rischi associati (overdose, HIV, epatite C, etc.). Oggi nove persone su dieci che arrivano da noi fanno un uso smodato di sostanze, senza fare troppe differenze fra una droga e l’altra. – conclude Boschini – L’unico fine è sballarsi, spesso alla ricerca di un divertimento che senza droghe sembra non poterci essere. Un fenomeno considerato sempre più ‘normale’ e per questo sempre più spaventoso”.
Preoccupazioni che trovano totale giustificazione se si guarda ai numeri, elaborati di recente dall’Osservatorio sulle Tossicodipendenze di San Patrignano, che ogni anno analizza i consumi di droga dei neo-entrati in Comunità.
I numeri: cocaina in testa, l’eroina cambia volto
Secondo l’indagine, relativa alle 429 persone con cui la comunità è entrata in contatto nel 2018, la sostanza più utilizzata rimane la cocaina (88,5%), seguita dai cannabinoidi (84%). Più distanti invece eroina (47%), ecstasy (34,5%), ketamina (26%), allucinogeni (20,9%) e anfetamine (17,7%). Da sottolineare, dunque, il calo dell’eroina, che non è più la principale dipendenza primaria (la prima sostanza da cui la persona è dipendente) fra chi entra in comunità, come avveniva in passato: si attesta infatti al 43,6%, superata anche quest’anno dalla cocaina, pari al 47,8%. L’eroina cala, però “cambia volto”: tanti coloro che l’assumono per via inalatoria (87%), mentre sul totale delle 429 persone osservate l’utilizzo della siringa è avvenuto “solo” per il 28,9%. Un mostro, quello dell’eroina, che però è tutt’altro che sconfitto. “La maggior parte di chi fa uso di eroina oggi, – continua Boschini – inizia per via inalatoria, per via nasale o più spesso fumandola. L’uso per via iniettiva può subentrare nel corso del tempo, a volte dopo anni. Anche se l’eroina non è più la dipendenza principale nella nostra casistica, resta comunque la sostanza che più facilmente provoca dipendenza”. 20 gli ingressi dei minorenni (10 ragazze e 10 ragazzi), e in generale i giovani continuano ad essere tanti, dato che sono 301 quelli che vanno dai 18 ai 35 anni: assieme ai minorenni raggiungono il 74,8% del totale.
Ma il vero allarme scatta se si guarda ai numeri legati al primo contatto con le droghe. Secondo i dati, l’età media della prima assunzione di sostanze stupefacenti è di 15 anni, che si abbassa a 14 quando si parla di cannabis e si alza a 18-19 per quanto riguarda cocaina ed eroina.
“La droga non è il vero problema”
Da San Patrignano, infine, arriva una provocazione. “La droga è solo la punta dell’iceberg, sotto cui si nascono una serie di problemi. – scrive Piero Prenna, Presidente della Comunità, nel suo blog sull’Huffington Post – Lo vediamo in comunità, dove i 1200 ragazzi vengono dalle situazioni più diverse, chi da famiglie all’apparenza senza problemi, chi da situazioni di degrado incredibili, chi da realtà benestanti e chi da situazioni di forte povertà. Quello che accomuna tutti è un disagio di fondo, che può nascere in famiglia, anche in quelle meno sospettabili, o fra i banchi di scuola, che può essere figlio di bullismo, di una violenza o di una più semplice non accettazione di sé. Occorre andare a scavare in quel disagio che spesso conduce i nostri giovani in un dramma da cui non sanno più come uscire”. E proprio su quest’ultimo passaggio occorre riflettere. Se il vero problema non sono le sostanze stupefacenti, ma le cause di disagio che portano a vederle come uniche soluzioni per andare avanti nella propria vita, la lotta alla droga, da sola, non può portare a nulla. È fondamentale, certo, e deve essere portata avanti con tutte le forze, ma non basta. Concentrarsi sui sintomi, senza indagare e intervenire sulle cause, non cura una malattia. La cronicizza.