Non è logico iniziare a leggere un libro dalla fine, ma è ciò che mi sento di consigliare a chi prende in mano la lettera pastorale del vescovo Francesco, “Giovani, dove sta la felicità”. Nell’ultimo capitoletto, “La felicità c’è”, troviamo la chiave di lettura di tutta l’opera, l’angolo con cui osservare tutti i capitoli che precedono quello finale. Con la profondità umana che lo distingue infatti mons. Lambiasi sembra quasi farsi da parte per dar voce a testimonianze forti e coraggiose, “fatti di Vangelo” come li chiama, il “Quinto Vangelo della Chiesa riminese”.
È Chiara che racconta il rapporto con la figlia, lei mamma di una bimba che soffre di una grave forma di fibrosi cistica; è Andrea giovane papà che partecipa la gioia per la nascita della sua sesta figlia, colpita da sindrome di down; sono le parole di Giorgio al termine del funerale della sua giovane figlia Marta, deceduta dopo quattro anni di dolorosa malattia; è la lettera di Matteo che da l’estremo saluto alla sua giovane sposa, morta a 29 anni. Ed ancora, la testimonianza di una mamma, che rifiuta l’invito ad abortire fattole dai medici o di Benedetta, che dopo aver “toccato il fondo”, a 21 anni si sente rinascere.
Annunci di vita dove invece sembrava vincere la morte; la gioia di una fede non fatta di paresi facciali, né costruita da chirurghi plastici, ma che nasce dalla coscienza di essere abbracciati da Dio Padre, nella croce del Figlio, anche nel momento del dolore.
È l’annuncio della vittoria della speranza sulla disperazione, dell’amore sull’egoismo, della vita sulla morte.
Il messaggio che giunge a chi legge non è disincarnato, né di maniera o ideologico, ma ha tutta la forza della testimonianza, certo non facile, ma per questo ancora più vera ed efficace, perché sofferta e sincera.
Con questa costruzione, che certo non è solo letteraria, monsignor Lambiasi sembra ribadire con forza che è tutta la comunità cristiana con la sua vita, la sua ricchezza, che questo mondo tende a nascondere, chiamata ad annunciare il Vangelo della Risurrezione e della gioia.
È il grande tesoro della felicità, che il mondo cerca, in maniera confusa in tante proposte, che però sanno più di fuga e surrogato di una gioia che certo nessun centro commerciale può offrire.
E il Vescovo lo dice a voce alta ai giovani e a chi con loro ha iniziato un cammino. Lui se li sente vicini. Di fronte a chi li dipinge come “disincantati, cinici, delusi, pragmatici” afferma che “ogni volta che vi incontro vi ritrovo sempre più puliti, più sani, più assetatti di felicità” di quanto il mondo adulto vorrebbe far credere. E per questo che la lettera pastorale è rivolta ai giovani, ma, forse, farà ancor meglio agli adulti.
Giovanni Tonelli