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Dopoguerra: la ripresa dell’associazionismo

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Nonostante la dispersione operata dalla guerra, l’Azione cattolica è, nell’immediato dopoguerra, la realtà più strutturata e meglio organizzata, che mostra una notevole capacità di mobilitazione e diventa promotrice di altre nuove associazioni. Accanto alla Giac, presieduta da Luigi Zangheri, riprendono vita i vari rami dell’associazione, compresi i Laureati che, sotto la presidenza di Alberto Marvelli, organizzano conferenze per approfondire il significato umano e cristiano della libertà e delle democrazia. Rinasce lo scautismo, soppresso dalle leggi fascistissime del 1926, si costituiscono le Acli per curare la formazione religiosa, morale e sociale di lavoratori; viene fondata la Confederazione nazionale dei coltivatori diretti per la tutela delle aziende famigliari; è poi la volta della Confederazione italiana dei sindacati liberi (Cisl); le donne cattoliche si organizzano nel Centro italiano femminile (Cif) che opera a favore dei più disagiati, organizzando, tra l’altro, periodi di vacanza per ragazzi; riprende l’attività dell’Unitalsi; nel 1950 sarà fondata l’Associazione cattolica al servizio della giovane e nel 1954 l’Opera diocesana di assistenza, per coordinare le varie iniziative caritativo-assistenziali. Nello stesso anno, “a monumento perenne all’Anno mariano” il vescovo Biancheri istituirà la prima festa della Caritas riminese.

Negli ultimi mesi del conflitto era nato in clandestinità il partito della Democrazia cristiana, per opera soprattutto di Giuseppe Babbi che aveva chiamato a raccolta i vecchi popolari e, tramite personalità di spicco come Alberto Marvelli e Rino Molari aveva cercato un collegamento con le nuove generazioni, digiune di politica attiva, ma desiderose di partecipare alla ricostruzione del paese, sollecitate in questo dalla lettura delle encicliche sociali e dagli interventi di Pio XII.
Alle elezioni del 1948, che mobilitano tutto l’associazionismo cattolico, la Democrazia cristiana ottiene il 37% dei voti e riesce a far eleggere Giuseppe Babbi alla Camera e Luigi Silvestrini al Senato. Durante la campagna elettorale – la più accesa della storia della Repubblica –, intensa propaganda a favore della Dc viene condotta dai Comitati civici, sorti per iniziativa del presidente nazionale della Ac Luigi Gedda e approvati ufficialmente dalla Santa Sede.

La Santa Sede aveva inoltre comminato la scomunica nei confronti di quanti aderissero al Fronte popolare dei comunisti e dei socialisti, schierati sotto il simbolo che riproduceva l’effigie di Giuseppe Garibaldi. La contrapposizione, resa rovente anche dal quadro internazionale, che vedeva l’Unione Sovietica ridurre le nazioni dell’Europa orientale a “satelliti”, imponendo democrazie popolari a guida comunista, si manifesta anche in Consiglio comunale, dove la Dc svilupperà una dura opposizione per tutto il periodo successivo.

Accanto alle stampe delle singole associazioni, dall’agosto del 1945, nasce il locale periodico della Dc «L’Arengo» diretto da Vincenzo Cananzi. Il periodico si dà una linea pragmatica, attenta ai problemi della città, interviene sul problema degli alloggi, del lavoro, della borsa nera, del piano regolatore, ma dopo appena un anno deve cessare le pubblicazioni.  Nel 1948, dopo ventidue anni di forzata assenza, torna «L’Ausa», che riprende il logo dell’antica testata e ne continua la numerazione. Ma il nuovo periodico fatica a darsi una rotta e dopo essere stato espressione della Dc, delle Acli, della Diocesi e ancora della Dc, per ragioni finanziarie dovrà chiudere definitivamente nel 1954. (14 – continua)

Cinzia Montevecchi