Il mondo delle donne ha cambiato volto. È indubbio che le donne moderne stiano vivendo un periodo storico positivo; perlomeno in relazione a quello che è stato il vissuto delle donne protagoniste del cinquantennio scorso. Per un uomo di quel tempo è inevitabile non andare indietro con la memoria e pensare alle femmine di quel tempo, Allora l’esistenza di una donna era strettamente legata a un certo tipo di vita, fatta di sacrifici, ma soprattutto di lavoro. Intanto le donne dovevano seriamente provvedere al nutrimento della famiglia. Allora mettere assieme il pranzo con la cena era un problema, ma era soprattutto un’arte. Arte di far girare un sistema economico familiare, basato sulle produzioni del momento, produzione di ciò che si trova nell’orto dietro casa. A volte diventava difficile riuscire anche a impastare il pane, perché non era tanto semplice trovare la farina per mettere sulla tavola anche solo una piadina. E cosa dire della preparazione della colazione. Preparare il primo pasto della giornata, voleva dire alzarsi quando ancora il sole non era sorto, accendere i fornelli con la carbonella per tempo, scaldare il latte e spedire i piccoli a scuola.
Il mondo del
focolare domestico
I ritmi di vita erano molto diversi rispetto a quanto non accada oggi. Le donne spesso coniugavano alle attività di casa quelle del campo; mogli, mamme e contadine. Era normale che dopo la colazione, si andasse a lavorare per i campi, ma ancor prima a pulire il pagliaio. Veri e propri angeli del focolare, sempre attente che tutto filasse liscio, sempre pronte a mescolare, rimestare, setacciare, sempre pronte affinchè tutto filasse bene. E sempre bonarie, anche ridenti, comunicative, solerti su tutto, impegnate anche da uomini arrabbiati, che comunque, bisognava comprendere e tranquillizzare… magari con qualche assaggio di buona produzione giornaliera.
Il nostro poeta, Aldo Spallicci con la sua poesia “La Gramadora” dà una bella fotografia delle romagnole che è però la storia reale che ci riporta a tutte le attività che fiorivano sulle donne di casa. Dall’abitazione, all’orto con i suoi animali. Chi curava le galline, i piccioni, il gatto? Ma le donne, naturalmente.
Lavori di
ordinaria quotidianità
Ma quella volta non c’erano i trattori per certi lavori, c’erano i buoi Ro e Bunì. Occorreva fare altri lavoretti, più puliti, come trasformare il latte in ricotta e formaggi, e cosa dire della conservazione delle uova?
Allora non c’erano i frigoriferi: bisognava prendere l’acqua in un bidone, controllare e guardare bene le uova, anche controluce, aggiungere calce all’acqua e poi deporre accuratamente le uova (agl’ovi sla calzeina…) e il pozzo? Non c’erano i rubinetti a Rimini. C’erano ottime sorgenti naturali e così qualche fontanella che dava acqua in piazza Cavour e in qualche borgo. Il pozzo (che solo i signori avevano in casa), tenuto accuratamente serviva per tutte le varie operazioni della casa e anche per i vicini.
Le attività
contadine
Ma se ricordiamo l’acqua, non si può dimenticare la fatica del vino. Giovani donne e uomini, rubando tempo ad altri lavori… pigiavano a piedi nudi. Le donne, poi, si occupavano dei mosti per preparare la “sapa, per fè è savor”. Mosti che servivano a fare altri dolcetti oppure venivano usati come prezioso companatico da spargere sulla piada.
C’era poi un altro momento, importante nella vita contadina, la macellazione del maiale. In quel momento, infatti, l’arzdora non poteva dimenticare nulla. Non c’erano scarti bisognava raccogliere tutto e anche il sangue per fare il sanguinaccio, una sorta di torta prelibata, di cui tutti erano ghiotti: “la torta ad baghin”.
Dopo il sanguinaccio si proseguiva con un’altra operazione molto gustosa: l’andrugle (pare che sia stata inventata proprio a Rimini), dove gli scarti di tutta la lavorazione del maiale venivano accuratamente conditi con droghe varie, specialmente con semi di anice. Poi, il tutto veniva messo in un bariletto di legno con sale e acqua e lasciato a macerare fino a primavera. Ripescati, puliti e stesi al sole ad asciugare e maturare. Poi macinati e insaccati con tanto pepe, per poi ritornare al sole a maturare. Questo salame era considerato la miglior forma di aperitivo da gustare con un bicchiere di vino, naturalmente sangiovese.
L’arzdora sapeva tutto su queste operazioni complesse e se l’uomo, che pretendeva di condurre, dimenticava o distrattamente sbagliava un’operazione, si ritrovava la donna-giudice inflessibile: “stè teinti uj vo”.
Le donne! I concorsi di bellezza, oggi, ce le mostrano bellissime, però saranno donne con le mani d’oro come quella volta? Mani d’oro che in tutti questi lavori bisognavano di forti lavature e talvolta gli anelli davano fastidio alle mani, però sapevano che la fede (anche se fastidiosa) non doveva essere sfilata dal dito…diventava un grosso pericolo per la vita del marito!
Enzo Fiorentini