Non c’è soltanto la doppia vita da conciliare (lavoro e famiglia), non c’è soltanto una retribuzione media del 20% inferiore rispetto allo stipendio dei colleghi maschi, ma anche una percentuale di rischio infortuni e malattie professionali che non è affatto trascurabile.
È lo spaccato del rapporto fra donne e infortuni presentato dall’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL). In realtà, gli infortuni alle donne occupate sono in lieve calo: nel 2008, infatti, le denunce dalle aziende della provincia di Rimini sono state 2.537, 61 in meno rispetto all’anno precedente. La motivazione di questo dato, però, non è legata al miglioramento delle condizioni di sicurezza: il segno meno, infatti, dipende soprattutto dalla crisi.
“Approfittiamo della ricorrenza dell’8 marzo per ricordare il ruolo e l’importanza che le donne hanno nella società e nel mondo del lavoro. Proprio su quest’ultimo aspetto, però, si registra un dato preoccupante, in quanto nel nostro Paese c’è stato un calo di 157mila posti di lavoro per quanto riguarda l’occupazione femminile”, esordisce l’assessore alle Politiche del lavoro, Anna Maria Fiori. Le donne che lavorano fuori casa, in Italia, al 30 settembre 2009 si attestano sui 9 milioni e 190mila, di cui 2 milioni e 528mila occupate part-time. Il tasso di occupazione femminile, in Italia, resta ancora lontano da quello dei paesi europei: 47.2 in Italia, 54.9 in Spagna, 60.4 in Francia, fino al 65.4 della Germania. E anche a Rimini le donne occupate sono ancora poche: 40 ogni 100 posti di lavoro.
“È riconosciuto e palese che le donne italiane hanno maggiori difficoltà a trovare lavoro. E quando lo trovano, rappresentano la maggioranza del precariato, quindi, in tempi di crisi, sono le prime a rimetterci. Chiaramente questo fa diminuire anche il numero degli infortuni”, prosegue l’assessore. Il calo degli incidenti lavorativi, fortunatamente, non è solo rosa. A Rimini si è passati dagli 8.707 incidenti del 2008 ai 7.786 del 2009 (-10.58%), di cui solo il 27.5% ha riguardato lavoratrici. Gli uomini sono ancora i più esposti, a causa delle mansioni lavorative, che spesso risultano essere più rischiose di quelle femminili (basti pensare al campo dell’edilizia). I lavoratori sono i più coinvolti anche nella terribile piaga delle morti bianche, che nel 2009, a Rimini, sono state 8. La metà rispetto al 2008, quando gli incidenti mortali furono 16. Per le donne, invece, è più probabile infortunarsi sulla strada: circa il 70% degli infortuni delle lavoratrici riminesi, infatti, sono avvenuti mentre raggiungevano il posto di lavoro o si muovevano per esigenze professionali. Per quanto riguarda l’intera regione Emilia Romagna, tra le varie province, a Modena il calo più significativo di incidenti “rosa”, con 388 infortuni in meno (5.684). Seguono Bologna con 7.631, 346 in meno del 2007, Rimini con -61 (2.537), Piacenza con -34 (1.566), Ravenna con -14 (2.839). In controtendenza Parma, con sei infortuni in più (3.425), Ferrara +9 (2.186), Reggio Emilia con +60 e, distaccata, la provincia di Forlì-Cesena con 304 in più.
Due terzi delle donne infortunate hanno tra i 18 e i 49 anni, seguite a ruota dalla fascia 50–64 anni. “Sono dati che ci devono far riflettere, che dimostrano che non siamo stati bravi a valorizzare il mondo del lavoro femminile. Numeri che ci dicono di impegnarci di più”, sottolinea il presidente dell’ANMIL, Luciano Astolfi, che introduce un tema importante, quello delle casalinghe.
Casalinghe al lavoro
L’aveva già stabilito la Corte Costituzionale: l’attività domestica, anche se non produce reddito, è da considerarsi “lavoro” a tutti gli effetti. Per questo, in caso di incidente, la donna che lavora in casa dovrebbe avere diritto al risarcimento, come se l’infortunio capitasse a un qualunque lavoratore. “Quest’anno, a Rimini, 14 casalinghe si sono infortunate lavorando in casa – rende noto Astolfi – questa situazione che deve essere sanata”. È indispensabile che la casalinga esca dalla “clandestinità” sociale e sia tutelata contro gli infortuni che ci si procura lavando, stirando, accudendo la propria abitazione, raggiungendo lo status di lavoratrice a tutti gli effetti. Non è faccenda che riguardi una minoranza: sono 3 milioni ogni anno, per due terzi donne, che si fanno male in casa.
Malattie e prevenzioni
Tornando ai numeri: calano gli incidenti sul lavoro, ma aumentano le malattie professionali. Meno palesi degli infortuni, perché hanno bisogno di tempo per svelarsi, non di meno esistono patologie gravi collegabili all’attività lavorativa. Nel 2009 la provincia di Rimini ha visto un incremento delle malattie professionali del 10%, passando dalle 337 del 2008 alle 370. Infermità di cui raramente si sa o si parla, snobbate, ignorate, sottovalutate e per questo ancora più pericolose. Lo stesso Luciano Astolfi racconta di essere tecnopatico, una patologia dovuta all’esposizione di materiali nocivi per lungo tempo, che l’ha portato a 7 mesi di ospedale e a numerose conseguenze. Su 172mila morti nazionali all’anno per tumori, si presume che il 5% abbia contratto il cancro in ambiente lavorativo (8.600 morti). Bisognerebbe tenere conto, nell’analisi dei rischi lavorativi, che l’esposizione ad agenti chimici e ai metalli comporta conseguenze per la salute sempre più impattanti per lavoratori e lavoratrici.
Il presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali ha ricordato l’importanza della cultura della prevenzione del mondo del lavoro sia per quanto riguarda le malattie professionali, sia per quanto riguarda gli infortuni “dalla sicurezza del lavoro dipende anche la qualità dei lavori ben fatti. Per questo la linea di condotta è mettere in atto tutte le salvaguardie possibili, sia per la tutela dei lavoratori, sia per le opere stesse, impegnandoci nei controlli e nella gestione degli appalti”. Per la prevenzione dei rischi lavorativi, quest’anno sono 40mila gli euro assegnati alla sede Inail di Rimini, da spendere nella salvaguardia e nella sicurezza, si tratti di infortuni o malattie professionali.
Conseguenze psicologiche
Da un’indagine svolta dall’ANMIL, risulta che le donne, dopo un infortunio, sono espulse dal mondo del lavoro in misura molto maggiore rispetto agli uomini. La ricerca evidenzia, inoltre, che molte donne, in seguito ad un incidente lavorativo, non riescono a trovare la forza per rientrare nel proprio abituale posto di lavoro.
Un fenomeno ancora più grave consiste nelle discriminazioni che la donna infortunata subisce al proprio rientro al lavoro, venendo spesso adibita a mansioni diverse, ma a volte non del tutto compatibili alla sua menomazione o non consone al suo livello culturale o alla sua qualifica professionale. Ciò provoca un allontanamento spontaneo della donna dal luogo abituale di lavoro, dove la pressione psicologica risulta per lei insostenibile, tanto che a volte la lavoratrice avverte minori difficoltà relazionali solo nel caso il lavoro prosegua in un’azienda diversa da quella in cui l’infortunio è avvenuto. Quando anche queste difficoltà fossero superate l’ANMIL denuncia che la donna, invalida del lavoro, rientrando in un’occupazione, non può contare né su servizi di avviamento al lavoro né di sostegno psicologico adeguati ed efficienti. Un’analisi drammatica, soprattutto se si pensa al ruolo sempre più rilevante che le donne stanno assumendo nel mondo del lavoro. Nella provincia di Rimini, secondo Confesercenti, sono 6.453 le donne imprenditrici. Ma nonostante questo, la pagina al femminile sulla sicurezza è ancora tutta da scrivere.
Genny Bronzetti