Non esiste immagine più poetica, amabile e delicata, di una madre che allatta il suo bimbo. La corrispondenza d’amore e la totale partecipazione che li unisce si perpetua con lo stesso rituale da millenni. E non c’è nulla di più umano e ricco di significato in questo miracolo della vita. Ma non tutte le mamme hanno la fortuna di poter attaccare al seno il proprio piccolo, come ad esempio quelle mamme che hanno partorito bambini prematuri.
E allora come si fa? Lo chiediamo al dottor Marcello Serra, Primario di Pediatria e Terapia Intensiva Neonatale (TIN) dell’ospedale Bufalini di Cesena al quale afferisce anche l’Infermi di Rimini.
“Si fa utilizzando la Banca del Latte Umano Donato la cui sede è proprio a Cesena.
Le donatrici sono tutte donne del territorio della nostra azienda sanitaria: da Forlì, Faenza, Ravenna, Cesena, Rimini, Santarcangelo, Bellaria, ecc…”.
Dov’è ubicata la Banca del Latte?
“Presso l’ospedale Bufalini di Cesena, al 7° piano, di fianco alla Terapia Neonatale”.
Quando è nato il progetto?
“Era il 1962 quando nella Neonatologia dell’ospedale Bufalini fu allestita, prima in Italia, la Banca del Latte Umano Donato ed è un nostro vanto ancora oggi. A quel tempo le donne avevano molto latte ed erano nutrici straordinarie. Il professor Vullo e il professor Biasini, dopo aver consultato molti testi, anche inglesi, decisero di dare il via alla Banca del Latte, dove veniva consigliata la conservazione e il congelamento”.
Come si fa a diventare donatrici?
“Tutte le mamme possono diventare donatrici.
Maggiore è la stimolazione della ghiandola mammaria, maggiore è la produzione di latte. Ovviamente bisogna aver appena partorito. E, naturalmente, facciamo compilare un test d’idoneità dove chiediamo lo stile di vita delle puerpere. Se si è fumatrici, per esempio, non si può donare e sono escluse le madri che consumano elevate quantità di caffè, thè, cola, cacao o che, nei 12 mesi precedenti la donazione, abbiano fatto agopuntura, piercing, tatuaggi, trasfusioni di sangue”.
A Cesena hanno pensato anche a un riconoscimento pubblico a queste ‘super mamme’ con la consegna di un attestato di benemerenza. Insieme a queste mamme, c’è solitamente il rappresentante dell’Associazione genitori bambini prematuri. Dottore, una volta raccolto, cosa accade al latte?
“Una volta arruolate le mamme, un furgone dell’Ausl passa a casa della donatrice e prende una volta alla settimana i contenitori,(che diamo noi, con il latte che la donna avrà conservato nel congelatore”.
Ma come avviene la raccolta dal seno materno?
“La mamma allatta il proprio bimbo, poi capita ve ne sia talmente tanto da farne una donazione e quello residuo alla poppata viene estratto col tiralatte”.
Questo progetto ha un costo sul bilancio del Servizo Sanitario Nazionale?
“Non sappiamo quanto sia rilevante, ma è talmente importante la salute di un bambino prematuro e talmente necessario avere questo latte perfetto e naturale, che sui costi generali non incide più di tanto. Il latte artificiale costa di meno, ma i vantaggi di quello materno sono enormi, soprattutto per i prematuri. La Banca del Latte promuove la cultura dell’allattamento; il costo non è alto, paragonandolo al costo dei farmaci, il latte artificiale è tutta un’altra cosa”.
Dottore, abbiamo dei dati sul numero delle donatrici?
“Certo! La media è di circa 30 donne all’anno, a volte arrivano ad essere anche 35.
Negli ultimi sei anni abbiamo fatto un calcolo di circa 180 donatrici”.
L’età media delle nutrici?
“La generosità nel nostro territorio è molto ampia. Le nutrici sopra i 35 anni non hanno molto latte, l’età media, quindi, è fra i 30 e i 35 anni, poi ci sono condizioni genetiche che favoriscono l’allattamento (le mamme più giovani ne hanno di più ma hanno orari da rispettare se lavorano). La mamma tipica è al secondo o terzo figlio e ha un assetto che le consente di poterlo fare con generosità”.
A cura di Laura Carboni Prelati