Qualsiasi relazione discriminante che non rispetta la convinzione fondamentale che l’altro è come me stesso costituisce un delitto, e tante volte un delitto aberrante”. Le parole di Papa Francesco sono state assimilate e ben difese dal pensiero, che riesce a vedere oltre l’apparenza spesso mal etichettata, di don Claudio Burgio, fondatore e presidente di un’associazione, Kayros, che nasce nel 2000 a Lambrate, un quartiere periferico di Milano, con l’intento di accogliere minori in difficoltà segnalati dal Tribunale per i Minorenni, dai Servizi Sociali di riferimento e delle forze dell’Ordine, giovani provenienti anche dal carcere minorile Beccaria – in cui don Claudio esercita il suo ministero di cappellano – e giovani migranti.
Non esistono ragazzi cattivi è il titolo del suo libro pubblicato nel 2010 ed anche il nome dell’evento presentato lunedì 23 agosto dalla parrocchia Santa Maria di Viserba Mare, in collaborazione con Missio e Ufficio Pastorale Sociale. Il relatore ed ospite è, di fatti, don Claudio Burgio.
Il titolo dell’incontro deriva, come già prima accennato, da quello del libro pubblicato nel 2010 da don Burgio.
Si tratta di un racconto autobiografico, del cammino di un prete e uomo che si intreccia con le vite dei suoi ragazzi “cattivi”.
“Li chiamano ragazzi a rischio, delinquenti, giovani deviati: per me sono ragazzi e basta, che, abbandonati a se stessi, sconfinano in comportamenti antisociali e perdono il controllo della loro impulsività fino a diventare pericolosamente violenti; minori che tentano di soffocare dentro il dolore che li accompagna da quando sono nati”, queste le parole di don Burgio.
“Accogliamo una cinquantina di ragazzi adolescenti tra i 14 e gli 20 anni per accompagnarli in un tratto di cammino affinché acquisiscano un po’ più di consapevolezza, perché – diciamolo – molti reati, molte condotte sono spesso incoscienti e inconsapevoli. Quello che vogliamo offrire è più un itinerario di cognizione, di aiuto, di vicinanza, perché possano percepire una realtà diversa da quella che hanno in mente”.
Durante l’incontro si è parlato del tema della giustizia, giustizia minorile e riparativa soprattutto.
“È necessario guardare alla giustizia riparativa per aspirare ad una giustizia giusta, che da una parte non sia buonismo indiscriminato – che certamente non aiuta – ma dall’altra neanche una giustizia di tipo più retributivo e vendicativo, che comunque ancora oggi prevale nel nostro Paese”.
Il tema centrale, comunque, resta educativo e l’esperienza di don Burgio spiega e riflette quello che è il disagio degli adolescenti che sembra essere sempre più diffuso in Italia, non connotato soltanto ai quartieri malavitosi delle grandi metropoli: “Sembra essere un disagio più pervasivo che indubbiamente mette in difficoltà molti genitori, gli stessi che poi si rivolgono a noi in comunità perché non sanno davvero da che parte girarsi – afferma, con convinzione– ormai non si parla più solo di un consumo prettamente di sostanze stupefacenti piuttosto che di alcol che rimane comunque esponenziale, ma vi è anche un disagio psichico che sembra essere sempre più evidente soprattutto nella fascia d’età dei giovanissimi”.
L’intento dell’intervento di don Burgio è quello di proporre un nuovo approccio da usare con questi giovani, e spiegare quindi quali siano le problematiche più evidenti e soprattutto come affrontarle, affinché si possa guardare veramente questi ragazzi, senza discriminazioni e preconcetti mentali.
“Sono prete da 25 anni, la mia esperienza al carcere minorile Beccaria di Milano è iniziata 16 anni fa e ho fondato l’associazione Kayros nel 2000. Ho avuto modo di conoscere moltissimi giovani etichettati come problematici o socialmente inadatti. È davvero essenziale cercare di comprenderli.
Forse è per questo che il mio libro, pubblicato ormai poco più di dieci anni fa, è ancora tanto diffuso: è molto spontaneo, molto vero, reale, perché tocca diversi punti pedagogici che interessano molte, moltissime persone, e di questo sono contento. Ed è anche per questo che ho accolto molto volentieri l’invito di don Aldo Fonti, una persona che ho imparato a stimare”.
Martina Bacchetta