Anticamente era la chiesa principale della bassa Valconca, estendendo il suo territorio fino al mare; oggi si è vista rosicchiare il suo territorio dalla parrocchia dell’Immacolata e della Madre del Bell’Amore: parliamo di Misano Monte, con la sua secolare pieve dei santi Biagio ed Erasmo.
“Da una sola sono diventate tre – afferma sorridendo don Angelo Rubaconti, l’attuale parroco di Misano Monte – ma, coi tempi che corrono, non si è troppo lontani dalla realtà affermare che si tornerà ad un’unica parrocchia”.
Il riferimento scherzoso, ma drammaticamente possibile, è dato dalla scarsità di preti e dall’impossibilità di garantire un servizio capillare come qualche tempo fa. Del resto, basandoci sul numero di abitanti, tutto il Comune di Misano conta quanto la grande parrocchia di San Martino a Riccione o di Sant’Arcangelo.
Don Angelo è parroco a Misano Monte dal 1998, successore di don Domenico Cenni, ed in questi dieci anni si è visto aumentare del 20% circa il numero delle famiglie. È anche cappellano all’Ospedale Ceccarini di Riccione e presta assistenza spirituale alla residenza sanitaria “il Sole”, con una celebrazione ogni domenica.
Senza disperderci nei ‘servizi’ esterni, parliamo della parrocchia.
“Faccio fatica a definire il clima spirituale della nostra parrocchia. Da una parte ci sono timidi segni di vivacità, dall’altra una certa propensione alla diffidenza. Tra i segni di vivacità posso indicare la ripresa del Consiglio Pastorale Parrocchiale, che ha visto la sua rinascita proprio all’inizio di questo anno pastorale. Così pure si sta lentamente formando un gruppo di catechisti, che per il momento mi affianca nel compito, ma che poi dovrà prendere in mano tutto l’onere della formazione catechistica dei ragazzi. Prezioso anche il contributo del gruppo liturgico per l’animazione della messa domenicale: anche qui siamo in fase di formazione, ma già coi primi frutti; è infatti proprio di questi giorni l’istituzione di un nostro Ministro della Comunione”.
Dato che hai accennato al gruppo dei catechisti, parliamo della catechesi, perché mi è sembrato di capire che si tratta di un’esperienza singolare.
“Attualmente la catechesi viene fatta la domenica mattina ed è curata principalmente dal parroco, mentre un gruppo di persone si sta preparando a svolgere il compito di catechisti. I bambini, dalla terza elementare alla prima media compresa, vengono raccolti tutti insieme e compiono un cammino di conoscenza di Gesù ritmato dal Vangelo della domenica. In questa esperienza si inserisce in maniera stabile la visita ai malati. Ogni domenica cioè, quando porto la Comunione ai malati, un gruppetto di ragazzi viene con me; così si rendono conto direttamente delle sofferenze che esistono in parrocchia e fra la gente, e allo stesso tempo dell’importanza che la comunità parrocchiale se ne faccia carico”.
Dai bambini agli adulti: come viene curata la loro formazione?
“Anche con gli adulti, come coi bambini, nel cuore della formazione mettiamo il Vangelo. In questa decina di anni, da quando sono parroco qui, abbiamo insistito molto sullo studio del Vangelo. Inizialmente ci siamo tenuti su temi sistematici, come il Vangelo secondo Marco, o il libro di Osea, o i segni nel Vangelo di Giovanni… In questi ultimi tre o quattro anni invece abbiamo preferito orientarci sul Vangelo della domenica, con incontri settimanali. Ciò permette di lasciarci illuminare dal Vangelo stesso per una vita cristiana autentica e nello stesso tempo ci prepara a vivere meglio l’incontro eucaristico domenicale”.
Catechesi dei bambini, preparazione degli adulti, visita ai malati… la domenica è dunque il cuore di tutte le vostre attività pastorali e anche carica per la vita cristiana quotidiana.
“Direi di sì… e spero di sì. A motivo della catechesi fatta di domenica la messa delle 11 è frequentata da molti bambini, accompagnati spesso anche dai genitori. Questa partecipazione rende la messa festosa e vivace (anche un po’ rumorosa). Il gruppo liturgico prepara la preghiera dei fedeli; il coro propone i canti in sintonia col tempo liturgico. Anche il foglietto personalizzato per la nostra parrocchia diventa un aiuto per partecipare meglio alla liturgia e soprattutto per continuare a casa la preghiera e la riflessione sul vangelo”.
Usciamo dalla chiesa ed entriamo in famiglia. Quali iniziative avete messo in atto per formare e incontrare le famiglie?
“Partiamo dai fidanzati. Ogni anno propongo ai fidanzati un corso di riflessione sul sacramento del matrimonio. È un momento di catechesi che invita i fidanzati a scoprire nel sacramento del matrimonio non una semplice benedizione su di un loro progetto umano, ma una vera e propria chiamata alla santità attraverso la vita di coppia e l’esercizio di un amore oblativo.
Poi c’è l’occasione del battesimo per le giovani coppie di sposi: con loro mi incontro nelle loro case per la preparazione del sacramento.
Per quanto riguarda la visita alle altre famiglie, ultimamente ho dovuto rallentare il ritmo. Nei primi anni del mio servizio pastorale ho visitato annualmente tutte le famiglie: andavo verso sera, dalle 18,30 alle 20,30… non più di quattro o cinque famiglie per sera. È evidente che con questo ritmo mi ci voleva molto tempo per andare da tutti. Successivamente, in concomitanza con l’anno del Rosario, mantenendo le caratteristiche di prima, abbiamo scelto di recitare il rosario in ogni famiglia. E questo ha richiesto ancora più tempo. L’esperienza l’abbiamo ripetuta per due anni. Ultimamente ho rinunciato a questo rapporto così impegnativo, ma credo che lo riprenderò prossimamente”.
Abbiamo parlato di catechesi, di gruppo liturgico, di famiglia, di malati e di domenica… E la dimensione caritativa?
“La nostra parrocchia collabora con la Caritas interparrocchiale, costituitasi qualche anno fa e con sede nella zona di Santamonica. Due persone fanno parte del consiglio direttivo e altre due prestano il loro servizio di volontari al Centro d’ascolto. Ciò comporta che anche in parrocchia, periodicamente, venga richiamato l’impegno caritativo di tutti, anche con la semplice partecipazione alla raccolta di viveri per le necessità sempre più frequenti dei poveri”.
Oltre alla Caritas, ci sono anche altri momenti o ambiti di collaborazione interparrocchiale?
“Non direi. Oltre alla mensa comune dei preti, di fatto ogni parroco lavora per proprio conto nella propria parrocchia. C’è comunque l’occasione della mensa per il racconto delle nostre esperienze ed anche per confidarci le preoccupazioni pastorali che ci affliggono”.
Quando sei arrivato parroco qui, c’erano le suore Maestre Pie con la scuola materna. Adesso che non ci sono più le Suore che fine ha fatto la scuola?
“L’abbiamo continuata noi, come parrocchia. Ciò ha comportato uno sforzo economico notevole, dati anche i debiti fatti per consolidare la chiesa. Ma ormai noi parroci siamo abituati a vivere di debiti. Oggi affrontiamo l’onere economico della scuola materna, nella quale abbiamo 52 bambini, con le entrate di un affitto, col contributo di una banca, con le rette e con… 15.000 euro di debito annuale, che saldiamo grazie alle offerte che giungono in parrocchia”.
È vero, i debiti sono una preoccupazione costante dei parroci, ma ben vengano quando poi portano frutti di vera umanità e di nuova vita cristiana.
Egidio Brigliadori