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“Dobbiamo chiedere che il massacro finisca”

Abbiamo incontrato a Rimini Guy, attivista israeliano per la pace di Ta’ayush (convivenza), sulla drammmatica situazione a Gaza e in particolare in Cisgiordania, dove lui opera

Il 7 ottobre 2023 verrà ricordato come un punto di svolta per la storia di Israele dei Territori palestinesi, del Medio Oriente e più in generale, del mondo intero.

C’è infatti un prima e un dopo l’attacco sferrato da Hamas, il gruppo palestinese riconosciuto come terrorista dagli Stati Uniti e dall’Unione europea (UE) oltre che da Israele, che ha ucciso 1.200 israeliani.

La risposta israeliana a queste violenze è stata implacabile e da un anno la Striscia di Gaza è al centro di operazioni militari, si stima che abbiano causato tra i 50.000 e 90.000 (il conteggio è impossibile) morti, 100.000 feriti e una catastrofe umanitaria immane.

A un anno dai tragici eventi del 7 ottobre, abbiamo incontrato a Rimini Guy, attivista israeliano per la Pace per Ta’ayush (convivenza), movimento dal basso che da una quindicina d’anni unisce con diverse attività nella Cisgiordania Occupata “ israeliani e palestinesi che lottano insieme per porre fine all’occupazione israeliana e per raggiungere la piena uguaglianza civile attraverso un’azione diretta quotidiana nonviolenta”.

Guy ha 52 anni e ha vissuto tutta la sua vita a Gerusalemme.

Cominciamo dal tuo impegno quotidiano in Israele, raccontaci cosa fate.

“Il nostro lavoro consiste nel proteggere i Palestinesi dagli attacchi dei coloni israeliani. Cerchiamo di portare alla luce le violenze e gli attacchi armati dei coloni, le demolizioni di case, i soprusi e tutte le violazioni dei diritti umani che commettono.

Lavoriamo con altre organizzazioni, palestinesi e internazionali. Con i movimenti nonviolenti palestinesi delle colline a sud di Hebron abbiamo un’ottima cooperazione, ci aiutiamo vicendevolmente nello scambio di informazioni, documentazione e testimonianza delle aggressioni sul campo e cerchiamo di rispondere ai loro bisogni, quando ci sono demolizioni di case, vengono attaccati i villaggi, viene impedito loro l’accesso alla terra. C’è bisogno di persone internazionali a difesa dei palestinesi, specialmente in questa escalation attuale, continua. I palestinesi sono gli obiettivi dei coloni e dell’esercito israeliano”.

Il 7 ottobre, un anno fa, iniziava questa – come possiamo definirla – “nuova fase” del conflitto. Possiamo considerarlo uno spartiacque?

“La pulizia etnica della Palestina è nata ancora prima della nascita dello Stato di Israele, ancora prima del 1948, e ancora prima del piano di partizione delle Nazioni Unite. Il 1967 è stato il momento peggiore, in cui Israele occupa completamente la Cisgiordania e la Striscia, una porzione di terra piccolissima, dove 2 milioni di persone sono state chiuse in un ghetto. Dunque molto prima del 7 ottobre 2023.

Molti palestinesi vivono in Cisgiordania circondati dagli insediamenti israeliani e il progetto di colonizzazione israeliana nel corso del tempo è cresciuto. Un disegno preciso: depredare la terra per espellere i palestinesi. Dire che la guerra è nata il 7 ottobre è ignoranza e ottusità ed è ed è una visione completamente disconnessa dalla realtà. È una beffa”.

Qual è la realtà?

“Milioni di palestinesi stanno vivendo sotto un’occupazione brutale, senza diritti civili e senza nessuna possibilità di autodeterminarsi: non hanno libertà di movimento, non hanno accesso all’acqua e all’elettricità, le autorità israeliane non li riconoscono e devono affrontare le demolizioni delle case strade e villaggi.

Immaginate intere comunità vittime di ogni tipo di sopruso. La pressione di questa violenza rende la vita impossibile. Era ovvio che una situazione di questo tipo esplodesse prima o poi”.

E purtroppo è esplosa con gli eventi del 7 ottobre… “Eh…. personalmente non riesco a spiegarmi come possa essere successa una cosa simile. Posso dire però che il movimento dei coloni ha visto in ciò l’opportunità di cambiare la realtà sul campo, di dirigerla e manipolarla per rubare ancora più terre ai palestinesi.

Le restrizioni di movimento, le punizioni arbitrarie, le molestie e le violenze dei coloni sono aumentate esponenzialmente. I coloni oggi si presentano con uniformi militari e non si riesce a distinguerli dai militari ufficiali”.

Molti sostengono che Israele abbia il diritto di difendersi.

“Certo, ma questa non è difesa! Israele non si sta difendendo sta attaccando e abusando, sta commettendo un genocidio.

Israele è il potere che controlla ogni situazione. Non stiamo parlando di due parti in conflitto, ma di una sola parte che controlla tutta la situazione e può fare il bello e il cattivo tempo e sta abusando e rendendo vittima l’altra parte che non ha nessuna possibilità di difendersi, nessuna assistenza e aiuto e non ha soprattutto nessun diritto. Ma veramente si può dire che tutto questo è esercizio di un diritto di difesa? E’ ridicolo.

Oggi Gaza è il tragico teatro di un massacro: stiamo parlando di più di più di 60.000 minori assassinati. Israele si difende uccidendo 60.000 bambini?

Qualcuno può davvero pensarlo?

Va al di là di ogni parola, di ogni immaginazione. E il mondo non dovrebbe far finita di nulla… non dovrebbe stare in silenzio e girarsi dall’altra parte.

Sappiamo tutti che è già successo, e tutti noi conosciamo l’espressione famosa “mai più, never

again”, eppure sta succedendo ancora. Come è possibile?”

Ma in Israele c’è chi vede e si ribella?

“La società israeliana, gli ebrei, la maggior parte, oggi crede nella supremazia ebraica. “ Siamo il popolo eletto siamo superiori. Il Signore ci ha dato questa terra”.

E i palestinesi non hanno nessun diritto, e ogni tentativo di chiedere dei diritti o di provare a difendere i diritti viene ritenuto inaccettabile, e questa visione razzista comporta da una parte che i palestinesi non siano meritevoli di diritti umani, dall’altra possiamo fare di loro quello che vogliamo. Questa mentalità cresce in modo abnorme.

Ma le persone non la vedono. In Israele c’è un lavaggio del cervello quotidiano: noi siamo le vittime, noi siamo sotto attacco. I palestinesi vogliono attaccarci, il Libano vuole attaccarci, L’Iran vuole attaccarci, tutti vogliono attaccarci e noi dobbiamo usare sempre più violenza, dobbiamo combattere fare la guerra avere più armi”.

E il movimento pacifista israeliano?

“La società israeliana è profondamente malata, c’è il mito del suprematismo degli ebrei ed è tutto giustificato perché gli altri sono esseri inferiori. I palestinesi più che mai sono esseri inferiori, ma anche voi europei lo siete.

Il movimento pacifista in Israele quasi non esiste. La maggioranza degli israeliani è contro il pacifismo, crede che dobbiamo stare uniti contro i palestinesi per arrivare a una vittoria completa. Chi cerca un’altra via diventa nemico. Ogni opposizione soffocata.

Per chi crede nella Pace è molto dura. I media stanno contribuendo nell’alimentare la macchina della propaganda e la società diventa sempre più malata. Perfino se vai a ritirare i soldi al bancomat viene fuori la scritta “insieme vinceremo”. Non puoi fuggire da questo disegno, è terribile. Chi fa parte del mondo pacifista è pericoloso perché rompe l’unità. Spesso sono stato minacciato”.

Che speranza hai per il futuro?

“Deve intervenire la comunità internazionale. Non si può più stare in silenzio, dobbiamo chiedere che il massacro finisca. Non abbiamo imparato la lezione della seconda guerra mondiale? Noi dobbiamo applicare i valori del “mai più” a tutti, non solo agli ebrei”.

Emanuela d’Abramo