Coppia separata, due figli (un ragazzo di 11 anni e una ragazza vicina alla maggiore età, con festa di compleanno imminente), una situazione difficile con un crescendo di violenza psicologica che sfocia in un climax di tensione pura. Con L’affido – una storia di violenza, l’esordiente Xavier Legrand, regista e sceneggiatore, si è portato a casa dalla Mostra di Venezia 2017 il Leone d’argento per la migliore regia e il Leone del futuro per la migliore opera prima. Con una regia molto serrata in 90 minuti fortemente emotivi, il regista punta il dito sulla figura paterna, un padre sempre più incapace di accettare la situazione, impegnato nei suoi goffi tentativi di riallacciare il rapporto con il figlio più giovane (la ragazza non ne vuole più sapere di papà), tentativi che non vanno a buon fine, vista la frattura sempre più profonda nelle relazioni della famiglia disgregata.
Per un maggiore equilibrio il film avrebbe dovuto anche sottoporre all’attenzione dello spettatore anche le responsabilità materne (la madre, chiusa a riccio sulle sue posizioni nei confronti del marito, diventa sempre più vittima, con la parte conclusiva che assume i caratteri di uno Shining di periferia, con porta di prammatica e fucile al posto dell’accetta), ma l’esordiente regista si concentra sullo smantellamento di una famiglia frantumata come lo possono essere tante famiglie odierne che passano attraverso questi calvari psicologici, emotivi, vessatori e giudiziari.
Le domande sulle colpe reciproche sullo stato di cose creato, si accumulano nel corso della stesura narrativa e tra abitazioni di periferia e case popolari si consuma questa drammatica vicenda, con due antagonisti poco disposti a cedere sulle proprie inflessibili posizioni, trascinando i figli nel loro serrato duello.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani