Prosegue, all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli”, organizzato in collaborazione con l’Ufficio diocesano per la Pastorale della Famiglia, l’approfondimento e il dibattito sulla Relatio Sinodi, germoglio del Sinodo straordinario sulla famiglia svoltosi ad ottobre, in attesa di quello “generale” del 2015. Dopo l’intervento del teologo don Enrico Castellucci, è don Basilio Petrà, professore di teologia morale presso la Facoltà teologica dell’Italia Centrale e di morale ortodossa presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma ad intervenire sul tema delle “famiglie ferite”, in una prospettiva del tutto singolare, attuando un confronto tra le diverse prassi con le quali le Chiese ortodosse e quella cattolica affrontano il fallimento matrimoniale. Al termine dell’incontro don Basilio si è reso disponibile per un’intervista.
Il vescovo di Rimini, mons. Lambiasi ha recentemente rilevato che negli ultimi dieci anni i divorzi hanno superato il numero dei matrimoni. Come può la Chiesa fronteggiare il problema di quello che sembra il disfacimento della famiglia almeno come l’abbiamo conosciuta fino ad ora?
“Il diffondersi dei divorzi è sotto gli occhi di tutti. La Chiesa può e deve operare innanzitutto facendo crescere la consapevolezza dei nubendi sul significato del matrimonio cristiano, sulla sua essenziale relazione con una fede viva e condivisa nella Chiesa. Il matrimonio cristiano genera una piccola chiesa domestica, uno spazio di annuncio, di preghiera, di costruzione dell’esistenza di carità. Inoltre, la Chiesa può e deve operare accompagnando le giovani coppie, aiutando quelle che sperimentano difficoltà, facendosi vicina alle famiglie ferite”.
Esistono differenze nella prassi su questo tema fra Chiesa ortodossa e cattolica-romana?
“Esiste tra le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica una differenza fondamentale che determina approcci sensibilmente diversi alla questione del divorzio. Le Chiese ortodosse ammettono la possibilità del divorzio e celebrano seconde e terze nozze, mai le quarte, come per i vedovi anche per i divorziati risposati. Naturalmente, anche per le Chiese ortodosse il divorzio non è conforme al disegno di Dio e deve essere sviluppata una pastorale di preparazione al matrimonio; ritengono tuttavia che il Signore stesso ha permesso in Mt 5,32; Mt 19,9 le seconde nozze per il coniuge innocente nel caso di adulterio e su tale base si è poi sviluppata per economia –come dicono gli ortodossi – una dottrina delle giuste cause di divorzio. La posizione cattolica esclude, come si sa, ogni possibilità di divorzio per i matrimoni sacramentali, validamente celebrati e consumati”.
Nella Chiesa orientale, in virtù delle eccezioni matteane, sono ammesse ”giuste cause di divorzio” per le quali si può convolare a seconde nozze. Può precisare quali sono le ”giuste cause di divorzio”?
“Faccio un esempio. Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa del 2000 ha pubblicato un testo intitolato <+cors>I fondamenti della concezione sociale<+testo_band> che al suo numero X,3,1 ricorda le seguenti giuste cause: adulterio, contrazione di nuove nozze da parte del coniuge, l’apostasia di uno dei coniugi, la perversione, l’impotenza sessuale precedente al matrimonio o causata intenzionalmente, la lebbra, la sifilide, la prolungata assenza di un coniuge senza dare notizie di sé, la condanna a una pena connessa con la privazione di tutti i diritti civili, l’attentato alla vita o alla salute del coniuge o dei figli, la relazione extraconiugale con una cognata, la ruffianeria, lo sfruttamento della prostituzione della moglie, una grave malattia mentale incurabile, il malevolo abbandono del coniuge, alcolismo cronico, tossicodipendenza accertata da un medico, aborto della donna senza il consenso del marito”.
Nella Chiesa ortodossa si parla di Unicità del matrimonio. Può chiarire cosa significhi se poi, in caso di fallimento matrimoniale, vengono permesse nuove nozze?
“Tanto gli ortodossi quanto i cattolici parlano di unicità del matrimonio (un uomo-una donna), escludendo la poligamia. Anche per gli ortodossi il matrimonio nel disegno originario di Dio è unico: un solo Adamo – una sola Eva. I matrimoni successivi sono considerati concessioni e permessi per andare incontro alla debolezza/fragilità/fallimento dell’uomo. Ciò vale sia per i vedovi che per i divorziati risposati. In questa luce si può capire perché le quarte nozze non sono permesse: non sarebbe più una concessione ma piuttosto una forma di complicità”.
Nella assemblea generale preparatoria al Sinodo dei vescovi si è parlato delle sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Tra i punti in discussione, anche quello sulla possibilità che divorziati e risposati possano accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia. Qual è la sua posizione a tal proposito?
“Mi riferisco ovviamente a nuove unioni nel caso in cui le prime siano valide. La mia posizione è che si debba prendere atto attraverso un giudizio pastorale adeguato del fallimento irreversibile della prima unione, disporre un percorso di conversione e riconciliazione della coppia che porti – dandosi le condizioni pastoralmente valutate – alla possibilità di una nuova celebrazione nuziale e pienamente riconosciuta nella Chiesa”.
I media enfatizzano questo aspetto, e così sembra che tutto il Sinodo venga ridotto a questa questione, peraltro importante. In gioco c’è la famiglia, come cellula fondamentale della società. “In realtà, la focalizzazione sulla questione dei divorziati risposati è il risultato di vari elementi, non tutti dipendenti dai media. Tuttavia, è un dato di fatto: si è creata un’attesa che è principalmente rivolta a tale aspetto. Il rischio è appunto che esso copra la questione di fondo: la crisi attuale della famiglia nel mondo occidentale. Spero che una certa correzione di rotta possa determinarsi”.
Il tramonto del matrimonio secondo molti osservatori è anche figlio di una non adeguata preparazione non solo al sacramento, ma alla vita e alla vita di relazione e affettiva del ragazzo e della ragazza. Come si può intervenire su questo aspetto?
“Non c’è dubbio che l’educazione all’amore e alla comprensione valoriale della sessualità delle giovani generazioni è essenziale. C’è un sforzo educativo che dovrebbe essere consapevolmente e unitariamente attuato da tutte le agenzie educative. Ma questo è il problema: non c’è unità del progetto educativo proprio riguardo a questo punto, come mostrano le controversie attuali (unioni civili, omofobia ecc)”.
Sara Castellani