Nel paese dei divieti alla fine è normale che in certi casi si faccia un po’ di confusione. Prendiamo il caso delle elezioni: dal divieto di propaganda e dall’obbligo del silenzio è nato un curioso divieto di silenzio. Le elezioni come noto si sono spostate su Facebook: prima e dopo il voto, ma soprattutto durante, in quello che tanto tempo fa (due-tre anni) era uno spazio temporale guardato ancora con un certo rispetto. E così mentre i media tradizionali sono ingabbiati in anacronistici divieti dalla mezzanotte dell’ultimo giorno di campagna elettorale fino alla chiusura dei seggi, su Facebook che di regole e limitazioni non ce ne sono partono subito i fuochi d’artificio. Senza soluzione di continuità, dall’apertura dei seggi fino alla chiusura. Inviti, accuse, appelli, attacchi. Tutti scrivono tutto, semplici cittadini come rappresentanti istituzionali. Ed è già nato un classico: l’appello last minute. “C’è tempo ancora un’ora per votare il candidato tizio o caio”. Come a dire “pensa te, ecco perché c’era tutta quella gente oggi alle elementari. Non davano le pagelle, si votava”. Il nobile e democratico diritto di voto è diventata una funzione da esercitare perché ce lo dice Facebook alle dieci di sera. Buonanotte.
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarini