L’acqua è un bene fondamentale, e insieme una risorsa economica e una risorsa energetica. In alcuni casi scarseggia, in altri abbonda, ma governarla nei suoi diversi aspetti è una sfida cruciale di questa epoca. A causa di malfunzionamenti delle reti idriche e dei consumi abusivi, in Italia le perdite idriche sono rilevanti e purtroppo continuano a zampillare. Sono cioè in aumento.
Secondo i dati di OpenPolis, in Italia la dispersione di acqua potabile ammonta, in media, al 41,4% dell’acqua immessa nella rete di distribuzione (dati 2015). Nel 2012 questo dato era del 37,4%, “segno di una continua trascuratezza rispetto ad una questione – fa notare OpenPolis – su cui invece sarebbe urgente intervenire”.
Ai primi posti nella classifica per nulla virtuosa della dispersione ci sono città come Palermo, Bari e Catania, tutte e tre con perdite di oltre il 50%. Frosinone e Latina, tra i centri minori, fanno persino peggio, superando il 70%.
Se il confronto è su scala regionale, la Basilicata indiscussa la maglia nera: 56,3% di dispersione di acqua potabile.
Sardegna, Lazio e Sicilia subiscono perdite per oltre la metà delle immissioni. La media nazionale è del 41,4%.
Rimini come si comporta nella gestione delle acque? Se qualche anno fa poteva esibire un importante 19% di dispersione (tra i valori più bassi d’Italia), il dato del 2018 (fonte Cittadinanzattiva) vede una impennata nella dispersione: 25,7% (+6,7%). A livello regionale solo Reggio Emilia (21,9%) e Ravenna (23,7%) riescono a far meglio.
Nonostante la leggera risalita, Rimini resta ben al di sotto della media regionale (30%), che è pure abbastanza virtuosa in Italia. E in Romagna solo Ravenna può esibire percentuali migliori, mentre Forlì è ben più attardata (28,4%).
A livello regionale, le perdite idriche delle reti di distribuzione vanno dal 23% della Lombardia al 56% del Lazio: l’Emilia-Romagna è ben posizionata con il 29%. “Eppure anche qui c’è bisogno di migliorare, – è pragmatico Luigi Castagna, presidente di Confservizi Emilia-Romagna – considerando che alcune reti sono state costruite 50-60 anni fa”.
In provincia di Rimini le sigle per l’aqua sono diverse: Amir, Hera e Romagna Acque. Romagna Acqua è il “grossista” dell’acqua, l’ultimo miglio per portarla nei rubinetti (e la sua bollettazione) è compito di Hera, mentre le infrastrutture sono appannaggio di Amir.
Anche sulla spesa media annua di una famiglia Rimini è competitiva. Se in Italia la spesa media nei capoluoghi di provincia “oscilla tra i 163 euro del Molise (che oltre ad avere una bassa cendità demografica alle spalle ha la Maiella), fino ai 673 euro della Toscana” rilancia Castagna, sbandierando la fonte Cittadinanzattiva, in regione il costo minore (nel 2019) lo sostiene Bologna: 336 euro, senza alcun aumento di spesa rispetto all’anno precedente. Sono invece i cittadini romagnoli ad accollarsi la spesa più alta: 596 euro a Cesena e Forlì, seguiti da Ravenna con 591. Rimini si difende: in provincia la media è di 553 euro, cifra stabile rispetto al 2018.
La rete idrica riminese è dunque affidabile e la spesa media annua per famiglia competitiva.
Ultima considerazione sul servizio idrico integrato. L’Emilia-Romagna – annora ancora con soddisfazione Castagna – è “l’unica regione italiana (escluse le province autonome di Trento e di Bolzano) che nella gestione del servizio idrico integrato, specificatamente nella depurazione, non ha commesso alcuna infrazione europea”. Dovrebbe essere una regola aurea, di fatto non lo è, ma l’Emilia-Romagna da questo punto di vista è chiara e limpida.