Negli occhi abbiamo freschi i colori, nel cuore la gioia e nella mente le immagini di un viaggio che di sicuro lascia il segno. Nella notte tra Domenica e Lunedì scorso, un pullman di una cinquantina di giovani della Zona Flaminia, del Centro Storico e di Riccione hanno intrapreso un viaggio di una ventina di ore per arrivare finalmente alla meta tanto attesa: la Polonia.
Appena arrivati l’accoglienza polacca si è subito manifestata in modo straordinario. Bandiere italiane su tutte le terrazze, giovani e anziani che salutavano e le famiglie che ci aspettavano appena siamo scesi dall’autobus. Certo la comunicazione non è stata facile, si è dovuti spesso ricorrere a google translate e tante altre volte a quel linguaggio più internazionale che è rappresentato dai gesti.
Are you hangrey?
L’affetto però si è potuto percepire in mille modi: ad ogni pranzo o cena la tavola era imbandita. Toast, uova, cheesecake, torte, thè, latte, caffè erano solo alcuni dei modi per iniziare bene la giornata. Il sacchetto per il pranzo al sacco non mancava mai e ogni sera la domanda rituale “Are you hungry?” (hai fame?) in un inglese maccheronico era immancabile.
Bielzca è il nome del villaggio che ci ha ospitati, Szczepanow invece era il nome del paese nel quale facevamo le catechesi. Tutti gli emiliano romagnoli erano qui riuniti per ascoltare le parole di Andrea Turazzi, Vescovo di San Marino e il secondo giorno di Matteo Maria Zuppi, vescovo di Bologna. Perdono e Misericordia, le due parole chiave. Si è ragionato su quanto l’umiltà sia una virtù fondamentale, di come l’amarsi sia un passo importante per poi amare il proprio prossimo, di come il perdono, quello vero, sia un itinerario lungo e faticoso.
Il dolore di Auschwitz
La visita ad Auschwitz e Birkenau ha fatto sorgere tante domande nel cuore, ma anche calare un gran silenzio in quel clima festoso che caratterizza ogni attimo della Giornata Mondiale della Gioventù. Vedere con i propri occhi quel luogo di morte e di dolore, camminare sulle stesse pietre calpestate dagli internati dai nazisti settant’anni fa, è qualcosa che sconvolge, ma che allo stesso tempo fa riflettere. Il Papa ci ha detto che dobbiamo essere seminatori di speranza, e così di fronte al male del passato, è inevitabile non pensare al male che abita il nostro tempo, a quelle sofferenze che noi giovani dovremmo per primi riempire di speranza.
Tanti volti, tante lingue
Sicuramente i momenti più forti sono stati quelli comunitari, un bagno di folla di giovani che non finiva mai. Tra cori e saluti la gioia era visibile in tutti i volti e la si sentiva in tutte le lingue. Ogni paese a modo suo pregava e cantava il proprio entusiasmo. Libia, Israele, Palestina, Egitto, Mali, Giappone, Sud Corea e tanti altri ancora, tutti insieme, uniti unicamente dalla fede e che si rispecchiava in quel braccialetto che ogni partecipante portava al polso “Jesus, I trust in you” (Gesù mi fido di te).
Pantofole e scarponi
Davanti a due milioni di giovani il Papa richiama quelli che amano i divani, chi non ha il coraggio di spogliarsi delle pantofole per indossare un paio di scarpe. “La felicità non va di pari passo con la comodità” afferma mentre gli applausi scrosciano gioia. “Dio viene a rompere le nostre chiusure, Dio viene ad aprire, invita a sognare, a farti vedere che il mondo può essere diverso”. E ancora “insegnate agli adulti che è più facile costruire ponti che innalzare muri. Siate accusatori quando scegliamo la via dell’inimicizia e quella della guerra”.
Siamo dunque pronti ad indossare non le scarpe, ma gli scarponi, a lasciare un’impronta. È una scommessa sul futuro, ogni cosa è pronta: chi non rischia, non vince. Così con nel cuore l’invito del cardinale Bagnasco a incendiare l’Italia e quello del Papa a fare chiasso tutta la notte, diciamo un ginkuie (grazie in polacco ndr) di cuore a tutti. Grazie per le parole ricevute e per i volti incontrati. Ora tocca a noi portare questi messaggi in giro per il mondo e nelle nostre città e comunità, per far sentire a tutti quanto sia bello lasciarsi amare da Dio.
Pagina a cura di Marta Antonini e Cecilia Letta