Serate sulla consapevolezza digitale, locali ‘del pensare’, post e messaggi vietati per tre giorni. Le iniziative per disintossicarsi dalla tecnologia si moltiplicano. Una moda o uno strumento utile per migliorare il nostro rapporto con smartphone e tablet? Lo chiediamo a Marco Ambrosini, esperto di tecnologia, comunicazione digitale e formazione, organizzatore di workshops e ideatore del progetto Consapevolezza Digitale.
Siamo davvero così immersi e completamente in preda alla tecnologia?
“Certamente! Pensi che ogni giorno, in media, tocchiamo il nostro smartphone 2.500 volte e lo sblocchiamo 80 volte. Quotidianamente vengono generate 15 miliardi di nuove email e passiamo 6 ore su internet. La cosa significativa è che i trend sono in aumento. Si prevede, infatti, che nel 2025 avremo 50 miliardi di sensori connessi e che scambieranno informazioni digitali. Quindi direi di sì, siamo completamente immersi e sta a noi decidere se vogliamo essere preda o utilizzatore consapevole”.
In cosa consiste il suo progetto?
“Consapevolezza Digitale è un progetto che mi piace definire come un laboratorio aperto, uno spazio in cui esperti di tecnologia e di psicologia condividono informazioni e consigli su come utilizzare in modo corretto la tecnologia, ma anche per scambiare esperienze tra chi vi partecipa. L’obiettivo comune è quello di utilizzare la tecnologia a nostro vantaggio senza esserne schiavi”.
C’è un’età più a rischio dipendenza di altre?
“Il fenomeno è universale e impatta tutte le generazioni. Quelle dei più giovani, oggi definite Generazione Z, essendo divoratrici di tecnologia sono quelle ovviamente più a rischio, ma tenendo conto anche della loro ricettività e capacità di apprendimento, se guidati, possono imparare ad utilizzare il digitale nel migliore dei modi e trarne il massimo vantaggio. Attenzione a non credere che il problema, però, sia solo dei giovani. Anche noi diversamente giovani siamo soggetti a rischio!”.
Esistono degli studi?
“Certo e iniziano ad essere tanti. Vi sono ad esempio alcuni portali web come We are social, Hootsuite, Digital trends che presentano studi e dati aggiornati sui trend digitali che vale la pena di osservare per capire meglio l’impatto del fenomeno di cui stiamo parlando. Consiglio a tutti di darci un’occhiata”.
Ma la tecnologia non ci aiuta nella nostra quotidianità?
“Guardi, io ho imparato a stirare guardando video su Youtube! A parte le battute, la risposta è certamente sì. La nostra vita senza tecnologia sarebbe sicuramente peggiore. Pensiamo ai progressi che la tecnologia ha apportato ai campi della medicina, della comunicazione, della mobilità. Insomma, credo che il detto si stava meglio quando si stava peggio sia una frase romantica che ci piace pronunciare, ma a cui in pochi credono veramente”.
Potrebbe esserci il rischio di demonizzare gli strumenti digitali?
“Il rischio esiste ed è per questo che vogliamo porre l’accento sul concetto di consapevolezza. La tecnologia è uno strumento come lo è un martello. Quest’ultimo lo si può usare per costruire un mobile, per esempio. Ma lo si può utilizzare per anche per distruggere qualcosa. La stessa cosa vale quindi per qualsiasi strumento; a seconda di come questo viene utilizzato può essere utile o dannoso. Quello che serve è aumentare la nostra comprensione di questo mondo e imparare comportamenti nuovi. È questo ciò di cui parliamo durante nostri corsi”.
Quali effetti ha sul nostro corpo e sui nostri comportamenti l’eccessivo utilizzo della tecnologia?
“Provi ad immaginare di mettere 27 bottiglie d’acqua da un litro sul suo collo. È ciò che succede quando teniamo inclinata la testa per leggere il nostro smartphone. Questo è solo un esempio di un effetto negativo che l’utilizzo non corretto della tecnologia può provocare. Poi arriviamo fino a provare stati d’ansia per il semplice fatto di non avere il telefono con noi. La buona notizia è che si può imparare ad evitare questi effetti e a godere dei soli vantaggi del mondo digitale”.
Come utilizzarla al meglio?
“Vengono organizzati corsi e incontri per apprendere alcune tecniche utili. Esistono delle pratiche che dobbiamo imparare come ad esempio il definire dei limiti spazio/temporali all’interno dei quali la tecnologia deve avere un ruolo secondario. Faccio un esempio. Definire degli archi di tempo (esempio, dalle 22 alle 7) in cui evitare di accedere allo smartphone. O decidere di non far entrare il telefono in camera da letto. Questi sono solamente alcuni esempi di cose pratiche che possono portare effetti benefici fin da subito, e con poco sforzo”.
Lei ha creato il progetto Consapevolezza Digitale, può accennare in cosa consiste nella pratica?
“Si tratta di un progetto che raccoglie l’esperienza di professionisti che condividono le loro competenze in ambito di tecnologia, psicologia, educazione, con il fine di contribuire a migliorare la nostra relazione con la tecnologia. Lavorando da oltre vent’anni nel mondo digitale, il mio contributo è ad esempio quello di insegnare trucchi e modalità pratiche utili e funzionali per non diventare dipendenti dallo smartphone. Poi vi sono psicologi che affrontano il tema dal punto di vista di dipendenza e di educazione e che hanno esperienza diretta con genitori, formatori ed educatori. Per informazioni si può accedere al sito www.marcoambrosini.it e al sito dell’associazione con cui collaboro www.psichedigitale.it”.
Insomma, un viaggio impegnativo ma che può aiutare le persone a vivere meglio in un mondo sempre più digitale.
Silvia Ciavatta