Lo chiamano il killer silenzioso. Perché arriva di soppiatto, piano, piano, lemme, lemme e non se ne va più via. Se non lo scopri in tempo può provocare danni gravissimi. Irreversibili. Una malattia subdola, il diabete. In Italia sono milioni gli ammalati, in provincia di Rimini, circa 15mila. Ma con il diabete si può convivere. E alla grande. Il problema è farlo conoscere, arrivare ai più giovani. Proprio per questo, poche settimane fa, in piazza Cavour, è arrivato il camper della campagna nazionale “Informati. Alleati. Protetti” con medici che hanno fatto gratuitamente l’analisi della glicemia e dell’emoglobina glicata. Già, perché il problema, per chi soffre di questa patologia, è il troppo zucchero nel sangue. Per conoscere meglio la realtà provinciale, abbiamo rivolto alcune domande alla dottoressa Anna Carla Babini, responsabile dell’Unità Semplice Malattie Metaboliche ed Endocrinologia dell’ospedale “Infermi” di Rimini.
Dottoressa, quanti sono gli ammalati di diabete in provincia di Rimini?
“È difficile risalire al numero preciso. Una parte di diabetici, infatti, viene integrata col medico di medicina generale, ed in questo caso sappiamo esservi circa 3mila persone. Inoltre vi sono pazienti che afferiscono direttamente al reparto di Diabetologia e sono coloro che presentano un diabete più difficile da gestire in quanto sono già presenti complicanze al rene, all’occhio, che sono tipiche del diabete insulino-dipendente oppure cardiovascolare. Il malato con queste caratteristiche rimane in carico a Diabetologia e così pure tutti i pazienti che hanno in terapia l’insulina. I pazienti diabetici, che vengono in visita da noi almeno due volte l’anno, si aggirano, nel comprensorio di Rimini, attorno alle 6mila unità, mentre per Riccione stimiamo vi siano 3mila malati. Nella totalità, quindi, coloro che hanno una cartella clinica sono circa 10mila persone”.
Cosa vorrebbe dire questo, che ce ne potrebbero essere altri?
“Sì. Purtroppo ogni anno, a causa più che altro di trascuratezza, di mancanza di considerazione, aumenta paurosamente di numero”.
Anche nel nostro territorio?
“Purtroppo è così. Dobbiamo anche considerare la quota dei pazienti diabetici che, in realtà, non sanno di esserlo e che rappresentano circa l’1.9% della popolazione residente, ossia circa 5mila persone. Proprio per questo motivo la Regione ha stanziato dei fondi per istituire ed impiantare un Registro dei soggetti diabetici, una sorta di banca dati, in fase di studio, compilato sulla falsa riga del Registro dei Tumori. La Regione si sta attivando altresì per ottenere questi dati cioè una sorta di censimento della popolazione diabetica”.
Quali sono le fasce di età con problematiche più severe e a quale età possono comparire i primi segnali?
“Il diabete giovanile compare dalla nascita fino ai 24 anni e possiamo identificarlo come diabete di tipo 1. Si manifesta con sintomi evidenti: sete intensa, polinuria o produzione di urina in grande abbondanza, dimagramento. Per cui questi sintomi, che sono veramente manifesti, dovrebbero mettere subito in allarme i genitori e il medico. Questo tipo di diabete costringe il paziente a fare sempre insulina perché a essere colpito è il sistema immunitario del pancreas”.
Prima sottolineava il fatto che ci sono molte persone che non sanno di avere il diabete, ma come è possibile?
“Il diabete di tipo 2 è il diabete dell’adulto e compare molto insidiosamente. Non manifesta alcuna avvisaglia o forma di sintomi. Ecco perché c’è una parte della popolazione che ha il diabete e non sa di averlo, per cui è meglio sorvegliare se c’è familiarità con questa patologia, se c’è sovrappeso con distribuzione del tessuto adiposo soprattutto nell’addome, se compare ipertensione, allora lo screening si rende utile e necessario perche potrebbe ingenerarsi una sindrome metabolica”.
Vi sono novità sulla gestione del malato?
“Il nuovo protocollo messo a disposizione nell’ultimo anno dai servizi di Diabetologia è un protocollo condiviso che permette a noi del reparto di vedere, attraverso un sistema informatico che si chiama Sistema Sole, quelle che sono le problematiche e le eventuali criticità e vi sono dei canali ben organizzati per far in modo che il medico possa far ritornare a noi i pazienti. Sono stati attuati dei criteri molto rigidi per cui la struttura è unicamente a disposizione dei casi più gravi. Il diabete sta emergendo in altre fascie di età per cui si parla di diabete infanto-giovanile, condizione che negli Stati Uniti conoscono bene a causa del loro tipico stile di vita. Noi assistiamo e registriamo un aumento ponderale nell’età infantile e giovanile a causa di una vita sedentaria, un’alimentazione eccessiva, e da qui l’aumento di peso che porta a svilupare una patologia simile a quella dell’adulto, però in età diversa”.
Qual è quindi il consiglio migliore che può dare ai malati?
“Senza dubbio quello di modificare il proprio stile di vita. Chi è abituato alla sedentarietà dovrebbe, invece, iniziare a muoversi, magari camminando per 40 minuti al giorno. Naturalmente bisogna modificare anche il proprio modo di aprocciarsi al cibo, serve un’alimentazione senza eccessi, il più possibile aderente alla dieta mediterranea, così ricca in frutta e verdura, cereali, pesce. Beh, poi chi fuma deve assolutamente smettere. Ci tengo a sottolineare una cosa, se la malattia viene presa in tempo, le aspettative di una vita molto vicina alla normalità si allungano. E di molto”.
Laura Prelati