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“Di me siate testimoni”

È stata una mattinata di passione. A scrutare il cielo e cogliere ogni segnale, pur minimo di apertura. Poi la rinuncia a malincuore, soprattutto per quelli che da tanti giorni si stavano impegnando a preparare la prima festa diocesana di Pentecoste. Il Parco Marecchia era più simile ad una risaia che ad un prato in fiore. A quel punto nessuno si sarebbe aspettato più di qualche centinaio di persone alla Messa fissata in fretta per le 15,30 del pomeriggio.
Invece newrimini.it (l’unica “agenzia” di notizie a qual punto disponibile) ed il silenzioso tam-tam dei delegati dell’Assemblea ha fatto il miracolo.
Quando la Messa è iniziata nel primo pomeriggio la Cattedrale era stracolma: bambini, giovani, famiglie, anziani, preti e suore, insomma la famiglia di Dio riunita intorno all’altare.
In molti, nonostante la pioggia e l’annullamento del programma di giochi hanno risposto all’invito fatto con passione dal vescovo Francesco a vivere insieme a lui la festa di Pentecoste.
E al termine della celebrazione eucaristica il Vescovo ha indicato il mandato per il prossimo anno pastorale nel titolo: “Di Me siate testimoni: mille voci, un solo coro”. “Dalla contemplazione del Volto alla contemplazione della Chiesa. Non un’aggiunta alla dimensione della contemplazione su cui si è lavorato quest’anno – ha spiegato monsignor Lambiasi – ma un incastro perfetto per fare vera unità”. Il Vescovo ha anche ufficialmente annunciato l’inizio della Visita Pastorale, momento di festa e valorizzazione dei doni dello Spirito nelle comunità.

In mattinata, in sala Manzoni, rivolgendosi ai delegati di parrocchie, aggregazioni laicali, movimenti, il Vescovo era tornato più volte sulla dimensione dell’unità. “La chiesa – ha detto- è una Pentecoste permanente, di cui siamo testimoni. Lo Spirito è testimonianza dall’interno e ci chiede di dare testimonianza del Risorto all’esterno”.
Per essere veri testimoni del Risorto, monsignor Lambiasi ha fatto riferimento a tre dimensioni essenziali: essere risorti, essere testimoni al plurale e essere coerenti. “Essere noi stessi risorti – ha affermato – è fare esperienza dall’Amore che fa passare dalla morte alla vita”. “Il testimone da solo – ha detto il Vescovo – non rende testimonianza. Ineludibile testimonianza è solo il Noi, la nostra fraternità, non retorica e sentimentale, ma vissuta”.
Parole forti anche sulla coerenza, in un tempo dove la legge dello Stato è diventata incapace di difendere valori fondamentali del cristianesimo (il divorzio, l’aborto…) e in cui politici si dicono cristiani ma non lo sono realmente, si pronunciano a favore della famiglia senza viverla in pienezza. “Spesso – ha spiegato Lambiasi – più che essere testimoni coraggiosi siamo lamentosi e nostalgici. È necessario passare dalla depressione all’audacia, dalla lamentazione alla tenacia. Questa è la sfida anche per la nostra Chiesa riminese”. I cristiani possono anche diventare una minoranza ma non rinunciano a dare testimonianza. Si può essere comunità minoritaria ma altamente alternativa. “La prima testimonianza – ha concluso il vescovo – è la nostra comunione”. San Giovanni evangelista infatti scrive: «che siano una sola cosa, perché il mondo creda».

Dopo il momento plenario in Sala Manzoni, i delegati si sono divisi in venti gruppi per riflettere sull’anno pastorale che si è concluso e guardare al cammino che aspetta la Diocesi nel prossimo anno pastorale.