Nell’epoca dei social network dominati dalla figura degli influencer, sta nascendo un fenomeno contrario, già a partire dal nome: il deinfluencing
Si tratta di personaggi, soprattutto giovani, che sul web cercano di scoraggiare l’acquisto compulsivo di prodotti inutili o la ricerca di stili di vita irrealistici, spesso stimolati da forme di consumismo ormai fuori controllo. Il fine? Ritornare ad apprezzare la normalità e la genuinità
Chi di noi non ha mai acquistato un prodotto pubblicizzato sui social dalla propria celebrità di fiducia? Probabilmente, soprattutto tra i giovani, in pochi ancora non hanno ceduto all’influencer marketing, ossia la sponsorizzazione retribuita di beni o servizi da parte di personaggi con un vasto seguito sulle principali piattaforme social. Considerando quanto tempo trascorriamo su queste applicazioni, l’efficacia della strategia cresce giorno dopo giorno, trasformando i social da spazi di connessione a vere e proprie vetrine, dove le tendenze di acquisto compulsivo e inconsapevole sono all’ordine del giorno. Non tutti però accettano passivamente questa dinamica e hanno deciso di farsi sentire proprio attraverso i social. Si chiamano deinfluencer, dall’opposto di “influenzare”, e hanno l’obiettivo di rispondere al consumismo sfrenato generato dalle attività degli influencer facendo riflettere il proprio pubblico sull’effettiva necessità di comprare prodotti diventati popolari in rete.
Il fenomeno
Il fenomeno è nato su TikTok nel 2023 a seguito di una vasta campagna pubblicitaria per note marche di trucchi e prodotti per la cura della persona, che hanno indotto molti utenti ad acquistarli nonostante il prezzo proibitivo. I deinfluencer hanno quindi iniziato a realizzare contenuti con un format volutamente provocatorio, intitolato: “Hai veramente bisogno di questo prodotto?”. All’interno dei video, vari artisti del make-up riportavano le proprie opinioni oneste (ovviamente non retribuite) sui prodotti che hanno fatto discutere il web, valutando se la loro qualità e utilità giustificasse la spesa. Spesso e volentieri, però, gli autori dei filmati consigliavano contestualmente altri prodotti, seppur meno costosi, ricadendo inevitabilmente nell’influencing da loro stessi criticato. Probabilmente è stata proprio questa incoerenza interna a limitare l’impatto dei primi deinfluencer, ma negli ultimi mesi è emerso un nuovo approccio con il potenziale di invertire la rotta. I deinfluencer di oggi sono soprattutto ragazzi giovani che cercano di sensibilizzare i coetanei ad acquistare in maniera consapevole, invitandoli a ragionare sull’ideale distorto di normalità che traspare da queste piattaforme. Ormai i social ci stanno spingendo a considerare comuni degli stili di vita che nella realtà quotidiana non lo sono affatto, ma l’estrema quantità di contenuti creati ad arte per mostrare vite all’insegna del lusso e dell’agio, a cui siamo esposti continuamente, può far pensare il contrario. Un tipico esempio nell’ambito dei prodotti di bellezza sono i cassetti traboccanti di trucchi, creme e maschere che gli influencers e i make-up artist più famosi non perdono l’occasione di mostrare: ma è davvero normale possedere così tanti prodotti? La risposta non è poi così scontata: se i social propongono in maniera costante video e foto di collezioni smisurate, può succedere che qualcuno trovi inadeguata la propria e ceda all’acquisto compulsivo per colmare il divario. Il rischio di piegarsi a standard irrealistici colpisce soprattutto gli utenti più giovani, che spesso, come in questo caso, non possiedono la consapevolezza necessaria per discernere i comportamenti tipici da quelli anomali.
Ritornare con i piedi per terra
I deinfluencer si propongono di sfatare questi miti, incoraggiando il proprio seguito a comprare solo a fronte di una necessità effettiva, senza lasciarsi trascinare da quelle create appositamente dalla propria controparte, attraverso contenuti dal linguaggio diretto in cui sconsigliano prodotti diventati virali sui social ma di dubbia utilità, o dove mostrano le proprie giornate riportandoci con i piedi per terra. Su questi profili non aspettatevi di trovare filtri, riprese estetiche, cabine armadio straripanti di vestiti o case da rivista, ma momenti di una comune, tranquilla e a volte banale vita quotidiana. Non si “deinfluenzano” più soltanto i beni materiali, ma anche gli stili di vita idealizzati che spesso generano insicurezze: di fronte alle esperienze di giovanissimi influencer costantemente in viaggio o già con una casa di proprietà, è naturale che ragazzi e ragazze possano sentirsi inadeguati per non aver ancora raggiunto gli stessi obiettivi. È proprio per questo che la voce fuori dal coro dei deinfluencer rappresenta un vero conforto per un pubblico che, in un mondo sempre più orientato all’apparenza, ricerca frammenti di autenticità, con tutte le imperfezioni che essa comporta.
Forse non saranno i deinfluencer a risolvere del tutto il problema del consumismo o degli acquisti compulsivi, ma il loro elogio della normalità ha il potenziale di aiutare molti giovani smarriti a riconoscersi e sentirsi compresi anche lontano dai riflettori dei social.
Giulia Cucchetti