Questa è una storia che parla di minori. Ragazzi soli, in un paese straniero. La burocrazia li chiama minori non accompagnati. Ma questi giovani non sono tutti uguali e – sembra emergere da diverse inchieste partite in particolare in Emilia Romagna – non tutti sarebbero in stato di bisogno. Non tutti sarebbero soli. Lo sono certamente i profughi bambini che arrivano in Italia sui barconi, a causa della guerra in Siria o che fuggono dai tiranni e dalla povertà dell’Africa. Non sembrano esserlo molti tra i minori albanesi presenti nelle strutture di accoglienza del nostro paese. Dietro di loro ci sarebbero adulti, genitori, famiglie, che avrebbero ideato un sistema per sfruttare le misure messe in campo dall’Italia.
Inchieste e meccanismo. Le inchieste sono in corso. La più importante è partita dalla squadra Mobile di Forlì. A fine settembre la polizia ha spiegato di aver denunciato 67 persone (42 adulti e 25 minori) di nazionalità albanese, con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, truffa aggravata in danno di ente pubblico e abbandono di minore aggravato.
Secondo gli inquirenti il meccanismo funziona così: gli adolescenti, tra i 13 e i 17 anni, arrivavano in Emilia Romagna dai porti di Bari e di Brindisi, insieme alle famiglie, provviste di un visto turistico. Dopo qualche giorno, i ragazzi puliti e ben vestiti si presentano nelle questure e nei comuni, e spiegano di essere stati “abbandonati” dai genitori. Si tratterebbe, secondo le accuse, di un modo per poter “sfruttare” l’Italia, trovando assistenza da parte dei servizi sociali, e anche lavoro. Il problema interessa tutta la penisola, ma in Emilia Romagna è particolarmente stringente: la regione è sesta a livello nazionale per numero di presenze (su un totale di 11.648).
La situazione riminese. Il sospetto che il copione si ripetesse un po’ troppo spesso, per corrispondere a una situazione reale di bisogno, è venuto a più di un amministratore locale. Sono, infatti, i comuni a doversi fare carico dell’assistenza, anticipando anche grosse cifre per conto del Ministero: il Comune di Rimini, ad esempio, deve ancora ricevere 367mila euro.
E anche qui sono partite le indagini, ci sarebbero già state delle denunce (dodici a quanto pare) e ora la questura ha ricevuto dall’Amministrazione una ventina di incartamenti riguardanti altrettanti casi sospetti su cui fare approfondimenti: venti sui 42 attualmente ospitati a Rimini. Documenti compilati sulla base delle relazioni degli operatori delle strutture di accoglienza. Il sospetto è che alcuni, tra quelli che arrivano in Italia col meccanismo che abbiamo descritto, non siano neppure minori. Lo si capisce leggendo la nota diffusa dalla Prefettura riminese nei giorni scorsi. E proprio in Prefettura si è tenuta una riunione tra istituzioni, forze dell’ordine, Ausl e Tribunale, per fare il punto e cercare di capire quali strumenti utilizzare per contrastare un fenomeno che toglie risorse destinate a minori in reale stato di abbandono. Altra nota dolente, attribuire l’esatta età anagrafica ai ragazzi non è facile: la legge italiana, infatti, non consente di ricorrere ad esami ritenuti “invasivi” se, per esempio, non è stato ancora attribuito dal Tribunale un tutore.
L’allarme del vicesindaco. Restando sulla situazione riminese, già un anno fa il vicesindaco Gloria Lisi aveva sollevato più di un dubbio sulla situazione che si stava venendo a creare. Dubbi ribaditi con forza qualche settimana fa quando, avvisata dalla Prefettura di prepararsi per l’accoglienza di altri minori in arrivo a seguito degli ultimi sbarchi, ha scrittto all’Ausl che “non avrebbe autorizzato altri allocamenti di minori sul territorio comunale”. Un gesto, provocatorio, teso anche a richiamare gli altri comuni della provincia alle proprie responsabilità in tema di accoglienza. Il grosso del lavoro, infatti, finora lo ha fatto il capoluogo, “mentre ora sono arrivate promesse di impegno da parte di alcuni comuni” spiega la Lisi. Che non nasconde l’esasperazione sul tema dei falsi abbandoni: “A cosa dobbiamo arrivare? A dover fare una variazione del Bilancio comunale per coprire le spese che derivano da questa situazione?” dice. Intanto, si iniziano a cercare soluzioni anche su altri tavoli istituzionali, con iniziative condivise. I sindaci emiliano romagnoli hanno scritto una lettera al Governo e l’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna ha appena approvato una risoluzione che chiede di aprire una concertazione tra Regioni, Anci, Comuni e Ministero dell’Interno. Obiettivo: mettere giù un piano di redistribuzione equo, definire accordi con l’Albania e rendere più tempestive le procedure di ricongiungimento parentale nel paese di origine: sottolineando che in ogni caso “la tutela dei minori va sempre e comunque garantita”.
Serena Saporito