Sono 40 i diaconi permanenti in Diocesi. L’ultimo ordinato, il 18 ottobre, è Matteo Gasperoni.
Nato a Savignano 41 anni fa, è sposato con Silvana. Insieme hanno tre “splendidi” figli: Elena di 9 anni, Davide di 8 e Luca, che di anni ne ha 4.
È un “entusiasta” professore di matematica presso l’Istituto Alberghiero di Forlimpopoli «Pellegrino Artusi».
Il suo servizio ecclesiale, assicura, “inizia la mattina svegliando i figli e andando a scuola”.
Abbiamo voluto conoscerlo meglio.
Com’è nata la tua vocazione alla diaconia, al servizio?
“Non ho mai pensato di essere una persona speciale oppure di avere doti particolari e, tuttavia, ormai 24 anni fa, allora ne avevo 16, al termine di un campo scuola per i ragazzi delle scuole superiori di Savignano, don Giampaolo Rocchi – allora neocappellano della parrocchia di S. Lucia in Savignano – mi convoca e con una frase decisa e perentoria mi dice: «Matteo, ho bisogno di te!». Da allora in avanti mi sono ritrovato inserito in un percorso di vita parrocchiale che ho cercato di vivere all’insegna di questa piccola, ma totalizzante parola: SERVIZIO”.
Come è cresciuta questa coscienza?
“Il cammino di educatore parrocchiale mi ha visto coinvolto in innumerevoli attività, dall’organizzazione di una festa di carnevale alla guida di una lectio divina, dall’accompagnamento di un ragazzo ai sacramenti all’animazione della Focarina di paese. Non ci sono stati ambiti in cui mi sono sentito più realizzato o meno, ogni chiamata è stata per me un assoluto: quello era il compito cui ero chiamato in quel momento. Non posso nascondere, come penso sia ovvio e inevitabile, che il mio cammino non sarebbe stato possibile se continuamente al mio fianco non vi fossero stati i sacerdoti, in primis quelli della nostra parrocchia e i diversi educatori più grandi, che ancora oggi ricordo con immensa gratitudine per l’esempio che mi hanno dato. Solo per citarne alcuni: Alessio Alasia e sua sorella Augusta, oggi don Alessio e suor Maria Augusta a Monte Tauro, Paolo Tassinari, diacono, che insieme a sua moglie Sandra svolge il suo servizio a Cuneo in una casa famiglia Papa Giovanni XXIII. Tutti semi che il Signore ha gettato sul mio cammino e che Lui mi ha dato il coraggio e la forza di raccogliere. Un simile percorso ha visto chiaramente anche momenti meno idilliaci (errori, sofferenze, critiche, rinunce), i quali, se mi hanno fatto anche soffrire, è stato unicamente perché mi hanno portato a crescere nella misura in cui sono stato capace di correggermi e ripartire“.
Nel 2005 sposi Silvana…
“Già e lì la mia storia personale cambia volto, ma non intensità. Reciprocamente affidiamo il nostro matrimonio al Signore, consapevoli che senza di Lui non si va lontano. Oggi, dopo 25 anni di animazione nei gruppi parrocchiali, 10 di matrimonio e tre figli, è chiaro ai miei occhi che lo zampino di Dio c’è stato in ogni gesto o persona della mia vita. Così non poteva essere da meno l’ultima chiamata ricevuta ormai 6 anni fa. Il nostro parroco di allora, don Pierpaolo Conti, chiama me e Silvana, e ci dice: «Mi piacerebbe che tu pensassi seriamente al cammino per il diaconato permanente»”.
Tutto chiaro dunque…
“Ad essere sincero, in quel tempo non avevo per niente chiaro cosa significasse essere un diacono, tranne che sarebbero stati necessari anni di studio ed impegno … e questo non volgeva a favore di una risposta favorevole, anche perché fino ad allora io e Silvana stavamo bene, sia come famiglia sia come servizio in parrocchia. Eppure si sa che il Signore, ogni tanto, chiama al cambiamento e questo è stato bello grosso! Il nostro cammino di formazione inizia in punta di piedi, con un anno propedeutico nel quale assieme a mia moglie, don Tonino, Doriana e Quinto (diacono di san Vito), verifichiamo la bontà della chiamata e l’effettiva portata della nostra risposta. Un anno bellissimo durante il quale abbiamo modo di conoscere altre sette coppie, che come noi intraprendevano questa bella strada e tra loro Gianluca e Simona, Claudio e Maria, Roberto e Fernanda con i quali oggi possiamo dire di aver stretto un forte legame di amicizia.
Sono stati cinque anni densi, impegnativi sì, ma ricchi, durante i quali io e mia moglie Silvana, non solo abbiamo avuto modo di confrontarci con altre coppie in cammino, ma abbiamo avuto la possibilità di interrogarci su noi due, sul nostro matrimonio, sull’educazione dei figli, sulla nostra fede, sull’impegno in parrocchia, sul rapporto con i sacerdoti, gli amici, i colleghi di lavoro e persino con lo stesso Vescovo. Ed ogni volta in cui questo tempo ci veniva regalato, era una nuova e bella scoperta, un crescere reciprocamente e personalmente”.
(GvT)