Che sarebbe stata una mamma diversa dalle altre, Maria Grazia Ghinassi, lo ha scoperto ancor prima del parto. Manca ancora una settimana al lieto evento, quando sente che sono iniziate le contrazioni. No, non è la bimba che ha fretta di uscire, ma un eccesso di liquido amniotico, che insospettisce i medici. Un’ecografia di controllo rivela a Maria Grazia e al marito Giacomo che la piccola è affetta da una rarissima sindrome alle ossa, che colpisce cranio, mani e piedi. Cosa fare di fronte a una notizia come questa, a pochi giorni dal parto? “Siamo andati a Loreto – racconta Maria Grazia, che oggi ha 30 anni – a guardare in faccia e più da vicino chi questa cosa ce la stava chiedendo”. Una richiesta, ecco cos’era. E con quel coraggio, ancora vivo a tre anni di distanza, i genitori hanno accolto la piccola Agata nella loro vita. A Bologna, dov’è nata, ci è rimasta più di un mese, tra un esame e l’altro. Poi gli interventi chirurgici, 8 in soli tre anni. “Ma lei non fa una piega e noi seguiamo lei. Quando arriviamo in ospedale sono sempre preoccupata per tutto quello che c’è da sistemare. Poi la guardo e mi rendo conto che per lei non esiste una condizione in cui non ci sia la possibilità di gioire. E allora è come se ogni volta mi sentissi presa da un abbraccio molto più grande”.
Lieto è stato davvero, quell’evento, tre anni fa. Dopo la nascita della figlia, la vita di Maria Grazia è stata totalmente trasformata. Stilista di professione, è sempre stata abituata a girare il mondo in cerca di tendenze: da Rimini, dove vive, a New York, Londra, Parigi. Oggi viaggia soprattutto da un ospedale all’altro, e dovranno passare ancora mesi, forse anni, prima che possa rimettersi al lavoro. Ma questa mamma speciale non cambierebbe un solo istante della vita insieme ad Agata, nemmeno il più faticoso. “Se non avessi vissuto questa esperienza, oggi mi fermerei a quello sguardo di brivido e paura di fronte a Gesù crocifisso. E invece dico grazie a Dio che ci fa dono della realtà, e nella realtà ci permette di sperimentare un amore che supera ogni apparente difficoltà”. Apparente non sempre, purtroppo. Crescere un figlio affetto da una sindrome rara significa accettare la fatica, l’ansia per ogni singolo intervento, l’incertezza del futuro. Eppure nella voce di Maria Grazia non c’è traccia di sconforto né di preoccupazione. Il giorno più duro? “Nessuno”. Il momento di maggiore sconforto? “Nessuno”. L’unica settimana che ricorda come difficile è stata quella di tre anni fa, l’ultima prima che Agata vedesse la luce. Perché ancora non c’era. “Le cose, quando le hai di fronte, sono più affrontabili di quanto avevi immaginato. La sofferenza c’è, è normale, ma sono sempre state più grandi la tenerezza e la gratitudine per la sua presenza”. Forse sarà difficile, per i genitori di bambini sani, comprendere la sua forza. Va dritta per la sua strada lei, insieme al marito e al dono che Dio ha dato loro. Pensava che la resurrezione si fosse fermata a duemila anni fa, poi è toccata proprio a lei. “Ringrazio di essere dentro a una storia che è la storia della compagnia cristiana, che mi educa a guardare alla resurrezione come a un fatto presente oggi. Non c’è cosa più bella che essere educati a questo, e accompagnare i propri figli in questo cammino”.
Isabela Ciotti