Per venti, lunghissimi minuti, in piazza San Pietro il tempo si è fermato. Il silenzio assoluto dell’immenso “popolo” – cristiani, ebrei e musulmani, credenti e non credenti insieme, una folla immensa di almeno 100mila persone – è diventato il protagonista della piazza. È il momento più intenso dell’adorazione eucaristica, seconda parte della grande Veglia di preghiera per la pace promossa dal Papa in occasione della Giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero. Un appuntamento voluto dal Santo Padre che è culminato con l’appassionata meditazione di Papa Francesco. Quasi un affresco sospeso tra due mondi: il “mondo di Dio” e il “mondo in cui viviamo”. Il mondo in cui “in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino” e quello in cui, invece, “perdono, dialogo e riconciliazione” diventano le parole della pace: in Siria, in Medio Oriente e in tutto il mondo. “Dopo il caos del diluvio, ha smesso di piovere. Si vede l’arcobaleno e la colomba porta un ramo d’ulivo”, ha detto il Papa, in un’aggiunta a braccio durante la sua meditazione. “Penso anche oggi – ha proseguito Papa Francesco sempre fuori testo – a quell’ulivo che noi rappresentanti delle diverse religioni abbiamo piantato a Buenos Aires, nel 2000, chiedendo che non sia più caos, che non sia più guerra, chiedendo pace”.
A Rimini in tantissimi hanno voluto raccogliere l’appello del Papa. Erano circa duemila le persone in Basilica Cattedrale insieme al Vescovo in preghiera per la pace nel mondo, uniti spiritualmente a Papa Bergoglio, ai centomila di piazza San Pietro e a tutte le comunità del mondo che si sono strette per dire no alla guerra.
“Da Rimini – ha detto il vescovo – vogliamo far sapere al Papa che siamo con lui e che continueremo a pregare e digiunare per la pace”.
In un duomo in cui l’ascolto era silenzioso e palpitante è stato letto l’Angelus con cui la settimana prima papa Francesco aveva indetto la giornata di digiuno. Il vescovo, prendendo la parola, ha sottolineato che i cristiani devono avere la forza di testimoniare che la vera pace donata da Dio è possibile, che l’amore è capace di disarmare il male.
“Gesù scardina la logica di giustizia di Mosè, per una nuova giustizia, la giustizia evangelica. Gesù ci chiede di pregare per i nostri nemici così come fanno i martiri” e ha pregato per gli oltre 100.000 martiri, fratelli nella fede, del 2012.
Due i principi ricordati da monsignor Lambiasi: “ogni uomo è mio fratello e l’uomo non è il suo errore”, citando don Oreste Benzi. “Noi cristiani – ha detto ancora – rischiamo di dare risposte banali”. “Siamo chiamati a manifestare fatti di perdono e di tenerezza. Sta a noi declinare i sentimenti di Dio”.