Ieri erano barboni, tossicodipendenti, alcolisti, persone ai margini della società. Oggi quella debolezza è diventata la loro forza. E così Benedetto, Donatella Michelle, ora sono ’Consulenti’ e soci a pieno titolo della Associazione Centro Studi Università della Marginalità. E sono solo alcuni dei riscattati, di coloro che sono passati dalla panchina alla cattedra.
“Al termine di questo percorso abbiamo sentito l’esigenza di dare vita ad un’Associazione che ci permetterà di proseguire anche in futuro tali attività di studio e formazione, – ha spiegato il direttore dell’Enaip Centro Zavatta Sabrina Zanetti – coinvolgendo sempre più persone provenienti da situazioni di marginalità
disponibili a mettere a disposizione le proprie risorse e le proprie competenze accompagnate da un gruppo di operatori”. È nata così a Rimini l’Associazione Centro Studi “Università della Marginalità”, con persone provenienti da situazioni di marginalità divenute “consulenti” in grado di gestire e promuovere attività formative per operatori di servizi (agenti di polizia, educatori, assistenti sociali…).
Il progetto è promosso da un pool di enti e associazioni riminesi: da Fondazione Enaip S. Zavatta di Rimini e dalla Facoltà di Scienze della Formazione – Sede di Rimini in collaborazione con Associazione Papa Giovanni XXIII, Caritas, Cooperativa sociale “Il Millepiedi” e Fondazione San Giuseppe per l’aiuto materno e infantile. Ma si stanno aggiungendo altri partner come Figli del Mondo. Tra gli obiettivi, c’è anche la comprensione e lo studio del fenomeno della marginalità e delle nuove forme di povertà costruendo un Centro di documentazione e studi (www.unimarg.it). “La difficoltà più grossa era intercettare queste persone. – ha spiegato Guido Fontana coordinatore del progetto insieme al professor Andrea Canevaro – come fare per intenderci. Alla fine siamo con umiltà riusciti a costruire una rete di riferimenti e di Istituzioni e anche del personale che potesse pensare con noi questo nuovo modo di fare inclusione. È stato insolito vedere un poliziotto giocare a guardie e ladri simulato con persone che fino a poco tempo fa erano ai margini, per raggiungere strategie comuni”.
La prima lezione in Università l’hanno tenuta proprio loro, i poveri, gli esclusi della società. Chi è marginale lo è diventato per tanti motivi. Persone che hanno vissuto percorsi così difficili, possono insegnare a comprendere le loro storie e portare in cattedra esperienze di vita, che servano ad altri (genti di polizia, educatori, assistenti sociali…).
Benedetto ad esempio: “Questo progetto mi ha cambiato molto. Faccio volontariato in una casa per detenuti. Ho seguito circa 150 persone in questa casa di carcerati e mi hanno insegnato che la famiglia è alla base di tutto. È la parola chiave. Io stesso da piccolo ho vissuto problemi in famiglia. C’è marginalità laddove non c’è la famiglia. La società dice: lo prendo dalla panchina e lo metto in carcere… l’ho isolato, il territorio se n’è interessato. Ma la base per uscire dalla marginalità è la famiglia”.
Dai poveri c’è molto da imparare. Ne è sicuro don Renzo Gradara: Per il direttore della Caritas diocesana: “Il segnale è metterci all’ascolto dei poveri. Fatto il primo passo, tocca noi fare in modo che il progetto vada avanti”. Dalla panchina alla cattedra.
Paolo Guiducci