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Dal tumore al ritorno in campo

Le valigie erano già pronte. Mancavano giusto un paio di pantaloni, qualche maglietta e poi via. Imbarcate. Destinazione, America. Un viaggio che Fabio Fraschetti, allenatore del Santarcangelo calcio, aveva promesso alla moglie dopo una stagione lunga, ma piena di soddisfazioni. Tanto che qualche squadra di prima fascia lo aveva già contattato. Poi, però, a pochi giorni dalla partenza succede quello che non ti aspetti. Un piccolo malessere, una visita perché altrimenti tua moglie non ti lascia vivere, la richiesta di un esame specifico e la diagnosi che ti gela il sangue. Neurinoma. Tradotto dal tecnicismo, tumore benigno alla testa. L’operazione d’urgenza a Bergamo e il risveglio che non sai come sarà perché la posizione della cisti è delicatissima. Oggi, a distanza di sei mesi, l’allenatore gialloblù sta bene, è tornato ad allenare, ma prima di rimettersi al cento per cento dovrà attendere ancora qualche tempo. Una storia quella che gli è capitata che lo ha toccato profondamente cambiandogli completamente le prirorità della vita.

Mister, partiamo dall’inizio.
“Era l’ultima settimana di campionato, dovevamo giocare con il Bassano. Il mercoledì, durante l’allenamento avverto un dolore alla parte destra della faccia. Faccio fatica a muovere la bocca. Dura qualche minuto, poi tutto torna normale. Faccio la doccia, vado a casa e racconto a mia moglie quello che è successo. E lei mi dice di andare dal medico. Passano alcuni giorni, terminiamo il campionato, e lei mi dice che se non vado a farmi vedere, non parte. Così, per accontentarla, vado dal mio medico e gli racconto il tutto. Pensa a un colpo d’aria, però mi dice di fare una Tac, tanto per essere tranquillo e partire a cuor leggero”.

In realtà è l’inizio di un piccolo incubo.
“Esattamente. Perché poche ore dopo vengo chiamato dai medici. Mi dicono che nella parte posteriore destra, proprio sotto l’orecchio, ho un neurinoma. Li guardo perplesso e mi dicono senza tanti giri di parole che si tratta di un tumore alla testa, benigno, ma da togliere il più presto possibile perché rischio di entrare in coma da un momento all’altro. Mi avvertono che l’operazione sarà lunga e molto rischiosa perché è in una posizione dove passano i nervi oculari e del suono, quindi il rischio è quello di rimanere cieco o muto o nelle peggiore delle ipotesi paralizzato. Mi ricordo lo sguardo di mia moglie, aveva la paura dipinta in volto. Decidiamo di operarci a Bergamo”.

La paura è tanta e quando arriva l’anestesista è il momento peggiore.
“Ho pensato che dopo quella puntura avrei potuto non vedere più i miei quattro figli, mia moglie, i miei amici. Lì, in quell’attimo preciso, ho capito quanto siamo fortunati a vivere la nostra vita. Al fatto che spesso ci lamentiamo per delle sciocchezze senza renderci conto della grazia che nostro Signore ci fa ogni giorno. In quel momento mi son detto che se fossi uscito indenne dall’operazione avrei modificato la mia vita, dedicando più tempo ai miei affetti più cari perché alla fine l’unica cosa che conta sono loro. Fortunatamente l’operazione è andata bene, a parte un problema a un nervo che dovrebbe sistemarsi con tanta pazienza sono tornato a fare tutto quello che facevo prima. Dico sempre a mia moglie che se non le avessi dato ascolto, chissà, a quest’ora potevo anche non essere più qui”.

Francesco Barone