Alla settantacinquesima Sagra Musicale Malatestiana concerto di Teodor Currentzis insieme alla sua orchestra MusicAeterna
RIMINI, 13 ottobre 2024 – Può piacere fino ad accendere entusiasmi da rockstar, oppure irritare i più tradizionalisti fra gli ascoltatori spingendoli a contestarlo vivacemente. Il direttore Teodor Currentzis, nato ad Atene ma formatosi a San Pietroburgo, non lascia mai indifferenti. Lo testimonia il concerto riminese, accolto da una parte del pubblico – soprattutto giovane – con ovazioni da stadio. Si è presentato insieme alla magnifica MusicAeterna (l’orchestra da lui fondata vent’anni fa a Novosibirsk, in Siberia) cui lo lega una simbiosi pressoché ideale: del resto chi riuscirebbe a decodificare un gesto altrettanto istrionico e fuori dai canoni – ovviamente Currentzis dirige senza bacchetta – se non musicisti abituati a suonare quotidianamente con lui? Ma è soprattutto la qualità del suono che lascia sbalorditi: per ottenerla sembra che si rivolga singolarmente ad ogni strumentista, e per valorizzare poi le sezioni orchestrali – in particolar modo quelle dei fiati, poste in fondo al palcoscenico – il direttore le fa alzare addirittura in piedi.
La serata si è aperta con la sinfonia dalla Forza del destino, la più russa fra le opere di Verdi (la prima, nel 1862, fu a San Pietroburgo). Una lettura su cui si può anche discutere per la scelta dei tempi, o l’enfasi che contrappone i momenti più reboanti a pianissimi ai limiti dell’udibile: si resta però sbalorditi davanti alla chiarezza con cui vengono stagliati i temi, all’energia trascinante che promana dalla musica, alla sua straordinaria potenza comunicativa. Il concerto è proseguito con le Variazioni per violoncello su un tema rococò di Čajkovskij, affidato a Miriam Prandi come solista. In questo brano l’orchestra – rivelando ottima flessibilità – ha saputo creare un suono quasi cameristico, instaurando un suggestivo dialogo con la violoncellista italiana. Un’esecuzione che ha così valorizzato il nitore e la pulizia fonica della solista oltre che la sua estrema eleganza formale.
Nel solco della musica russa anche la seconda parte della serata con l’esecuzione della Quinta sinfonia di Šostakovič, eseguita a San Pietroburgo (quando ancora si chiamava Leningrado) nel 1937, dopo che l’autore aveva da poco subito l’accusa infamante di “formalismo”. Pagina volutamente enigmatica in cui si avverte, da un lato, il desiderio del compositore di compiacere in qualche modo il potere sovietico per ribaltare quel tremendo giudizio di condanna, dall’altro la sua aspirazione a non piegarsi ai diktat. Currentzis l’affronta con una precisa consapevolezza: fa avvertire il desiderio di Šostakovič di rientrare nei ranghi, piegando le formule collaudate della tradizione – quei codici sinfonici europei ormai storicizzati e dunque pienamente accettati dal potere sovietico – spesso attraverso soluzioni platealmente trionfalistiche, ma che finiscono con l’assumere soprattutto intenzioni sarcastico-grottesche. Sicché quel finto ottimismo che trapela nel quarto movimento assume risvolti totalmente demistificatori e perfino angoscianti. La scelta per i bis, poi, di un’altra vittima della censura come Prokof’ev e della sua suite da Romeo e Giulietta (la première del celeberrimo balletto precedette di pochi mesi il debutto della Quinta) crea un impressionante cortocircuito mentale. Che rende ragione, meglio di qualunque ragionamento, dell’atmosfera che si respirava in quegli anni.
Giulia Vannoni