Ligabue è un po’ Re Mida: tutto quel che tocca è oro. Il concerto per l’Emilia nella sua Campovolo, di cui è stato protagonista e soprattutto anima e mente, è stato un successone. Ma non tutto gli è sempre riuscito al meglio. Come il film Dazeroadieci del 2002, quello ambientato a Rimini. Dopo l’eccellente Radiofreccia, la seconda fu un film confuso e anemico che lo ha convinto, da allora, a lasciar perdere la regia. Anche Rimini lo ha dimenticato, e non c’è da stupirsi: si aspettava uno spot d’autore, si ritrovò con uno spot scomodo. Dal monologo iniziale si cita a volte la bella frase “Rimini è come il blues, dentro c’è di tutto”. Bella soprattutto fuori dal contesto originale: il mare che porta schifezze a riva, la domanda “Avete mai sentito uno che va a Rimini dire: vado al mare?” con relative spiegazioni: “A Rimini ci sono le giostrine per bambini e qualsiasi tipo di offerta sessuale”. E nelle interviste Ligabue spiegava che di Rimini ammirava l’industria tirata su da un mare mediocre.
L’equivoco nacque forse dal fatto che Rimini si aspettava un testimonial, e invece Ligabue vedeva Rimini nell’ottica della sua musa, il concittadino Vittorio Tondelli: l’autore del romanzo “Rimini” (1984), ritratto a tinte forti della riviera sregolata e trasgressiva. Onorato l’impegno a Cannes, con serata a base di piadina in occasione della proiezione, Rimini quel film lo mise nel dimenticatoio. Il decennale nessuno se lo è filato. Meglio il Liga che fa bene all’Emilia di quello che fa scherzi alla Romagna.