La natura in Burkina Faso è per tradizione la migliore amica dell’uomo, la custode sacra della sua salute. Ed è seguendo la tradizione che il dottor Pascal Nadembega, riminese di origini africane ed esperto in farmacologia applicata, ha scelto di sviluppare il suo ambizioso progetto: far sorgere un centro per la cura delle malattie attraverso l’uso delle piante medicinali, nella provincia di Kouritenga. Non solo una valida alternativa alla medicina «dei bianchi», ancora troppo costosa per una popolazione tra le più povere al mondo, ma anche un’occasione di lavoro per i membri della comunità. Le cure saranno offerte gratuitamente da oltre un centinaio di medici del posto, istruiti sulle più moderne tecniche di utilizzo delle piante: dalla raccolta all’essiccazione, ai metodi di conservazione e lavorazione. Insieme a Pascal ci saranno i colleghi riminesi dell’Infermi, che per il progetto godranno di un finanziamento di 8mila euro da parte di «Banca Prossima». I fondi per iniziare ci sono, il problema riguarda i tempi di realizzazione, che dipenderanno dalla disponibilità di acqua ed elettricità. Se tutto andrà come previsto, il centro sarà in grado di ospitare i pazienti delle località più lontane: un modo per evitare alle famiglie e agli stessi medici, abituati a recarsi direttamente a casa dell’ammalato, di venire anch’essi contagiati.
Quanto ai trattamenti, non mancherà il supporto delle tecnologie moderne. L’Infermi ha già donato parte del materiale che servirà al laboratorio biomedico del centro, indispensabile per eseguire analisi più approfondite. Un microscopio ottico servirà poi a individuare nel sangue dei pazienti più giovani i parassiti della malaria, prima causa di mortalità infantile nel paese. Fondamentale la collaborazione tra i medici delle due sponde: consulti periodici con i colleghi occidentali aiuteranno i «camici» tradizionali a orientarsi sulle terapie moderne per la cura dei disturbi più gravi. E poiché c’è sempre qualcosa da imparare, gli italiani sul posto vedranno svelati i segreti per il corretto utilizzo delle piante. Un esempio? Mai prelevare una pianta di giorno se i principi attivi che contiene sono fotosensibili, o si correrà il rischio di alterare la sostanza. Le piante saranno inoltre catalogate al fine di creare una farmacopea, com’è definito in Occidente il codice farmaceutico con le indicazioni per il corretto impiego dei medicinali. Tra le altre sfide, la desertificazione. Con il progressivo abbandono da parte dell’Occidente della medicina chimica a favore dell’erboristeria, sono aumentate le richieste di estrazione da prodotti naturali, e proprio la perdita delle più antiche tecniche di raccolta e conservazione delle piante ha portato a un impietoso sradicamento della vegetazione da parte dei più giovani. “Gli africani di oggi – dice Pascal – tagliano e vendono. È mia intenzione ricercare nuovi terreni e istituire una banca di semi per coltivare altre piante nella savana. E poi ripartire da zero, studiare a fondo i principi attivi delle piante e la loro tossicologia, dare vita a nuove cure”. Il ponte costruito da Rimini all’Africa porta la firma della Cooperativa Laafi-Eco, che dal 2010 ha scelto di puntare soprattutto sull’istruzione dei giovani burkinabé.
Isabella Ciotti