Pastorale voce del verbo accompagnare. È questa la nota comune emersa dai gruppi di studio della tre giorni del presbiterio di Rimini tenutasi al Seminario il 7/8/9 giugno. I lavori erano articolati in 6 gruppi che rappresentavano altrettanti ambiti pastorali: i fidanzati, le giovani coppie, i gruppi sposi, i genitori e l’iniziazione cristiana, le situazioni difficili e irregolari, la partecipazione allo sviluppo della società. Il punto di partenza è stato il riaffermare la soggettività della comunità cristiana così come è delineata dal Direttorio di Pastorale Familiare (n.8) : “La responsabilità di questa ampia e articolata pastorale per la crescita della coppia e della famiglia riguarda tutti e ciascuno nella comunità cristiana e chiama in causa la stessa comunità cristiana in quanto tale”. Si è così presa per mano una coppia che ha il volto di tutte le nostre coppie, ci si è messi al suo fianco per camminare insieme fin dal suo formarsi.
La preparazione dei Fidanzati non può limitarsi ai 6/8 incontri del corso prematrimoniale, ma deve prevedere una formazione remota (importanza del rapporto con la pastorale giovanile), una prossima e una immediata. I corsi devono quindi progressivamente trasformarsi in percorsi. Itinerari di fede in cui a partire dal punto in cui sono i ragazzi, accogliendo e valorizzando l’umano, si annuncia il Vangelo del Matrimonio: è la relazione dei due che con la Grazia di Dio diventa sacramento del Suo amore. In questo percorso i ragazzi hanno bisogno di coppie formate che camminano con loro, capaci di ascolto, di dialogo, di accompagnamento; capaci di essere il volto sorridente della Chiesa. I nostri due amici come tanti oggi – l’80% delle coppie che fanno i corsi prematrimoniali convivono – dopo alcuni anni di convivenza, hanno deciso di sposarsi.
Nasce una giovane coppia. Le giovani coppie sono una ricchezza delle nostre comunità. È necessario rispettare e accompagnare questi primi anni che sono i più fragili e i più importanti nella costruzione della vita a due. Ma come incontrarli? Una grande opportunità è quando nasce un figlio, la catechesi pre e post battesimale; creare con loro relazioni significative, luoghi e momenti aggregativi. Fare in modo che si sentano accolti, desiderati, amati da quella famiglia più grande che è la comunità cristiana.
In questo senso una grande risorsa sono i Gruppi Sposi. Un luogo dove la coppia in qualunque fase della vita sia, può ri/scoprire la bellezza e la specificità della propria vocazione, fare un cammino spirituale come coppia, in quanto coppia; condividere con altri sposi le gioie e le fatiche del cammino coniugale e familiare, trovare e donare sostegno. È importante che il gruppo – per evitare il rischio della chiusura e della autoreferenzialità – abbia chiari gli obiettivi: aiutare ogni coppia a scoprire la propria vocazione e la propria ministerialità nella Chiesa e nel mondo.
Il figlio dei nostri due amici è diventato grande e inizia il catechismo in parrocchia. È il tempo della Iniziazione Cristiana. I genitori lo mandano volentieri anche perché pensano che l’educazione alla fede sia un dovere della Chiesa. Come comunità cristiana ci poniamo alcune domande: come possiamo coinvolgere i genitori in questo difficile compito e come dare loro consapevolezza di essere loro i primi catechisti dei loro figli?
Come fare quando si è in presenza di una coppia separata o divorziata risposata?
Un serio problema educativo è l’assenza – non solo fisica – del padre. È ormai imprescindibile stabilire una alleanza educativa tra Famiglia e Comunità Cristiana.
È possibile pensare ad un itinerario di tipo catecumenale per i genitori che chiedono il battesimo del figlio, momento in cui comincia il cammino della iniziazione cristiana?
Si potrebbero sperimentare alcuni itinerari. È fondamentale che le famiglie incontrino una comunità “ bella”, calda e accogliente, in cui è gioioso andare con i propri figli.
La parrocchia che vuole promuovere un’efficace iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi non può fare a meno dell’apporto educativo specifico dei genitori, né sostituirsi ad essi, ma deve valorizzare il loro ministero di evangelizzazione. La famiglia è la prima palestra per fare esperienza dell’amore di Dio, che i figli incontrano poi nei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Essa ha il compito di “togliere il velo”, perché i figli percepiscano la stretta relazione che intercorre tra il sacramento dell’Eucaristia e la vita familiare: “Parola-Mensa-Fraternità” da una parte e “Dialogo-Tavola-Relazioni sponsali e familiari” dall’altra.
La difficoltà. I nostri due amici non ce l’hanno fatta, dopo dieci anni di matrimonio e due figli, hanno deciso di separarsi e fanno parte della grande schiera di persone che vivono in situazioni difficili e irregolari (oggi in Italia una coppia su quattro salta e la durata media di un matrimonio è di 13 anni). La realtà delle separazioni e dei divorzi è sempre più presente nelle nostre comunità. Ormai non è più confinata in alcune categorie di persone o in alcuni ambienti: essa attraversa credenti e non credenti, matrimoni appena iniziati e matrimoni di lunga durata. È una realtà di sofferenza che non può non interessare e interrogare le comunità cristiane.
Anzi, le comunità stesse devono chiedersi se nella loro prassi pastorale non ci sia una qualche colpa o carenza. Possono sentirsi tranquille in coscienza, le nostre comunità, su come avviene la preparazione al matrimonio? Possono ritenersi tranquille, in coscienza sul modo con cui accompagnano le coppie sposate, soprattutto quelle più giovani, nel loro cammino d’amore e di fede?
Queste domande autocritiche non possono certamente coprire tutte le cause di tanti fallimenti matrimoniali. Ma devono darci una spinta per ripensare la nostra pastorale matrimoniale e familiare.
È quanto mai importante annunciare e praticare come comunità cristiana, il vangelo della misericordia; accompagnare alla carità accogliente verso le persone un annuncio di verità sulle situazioni. Aiutare le persone che vivono in situazioni difficili e irregolari ad uscire dalla solitudine e dai pregiudizi, facendo loro conoscere la posizione della chiesa e costruendo relazioni significative a partire dal positivo che c’è in ogni situazione; formare coppie capaci di ascolto e di accompagnamento.
Educare tutta la comunità in quanto è la comunità intera il soggetto della pastorale.
In riferimento alle persone che vivono in situazioni “irregolari” irreversibili – i divorziati risposati, è fondamentale far capire loro che in forza del battesimo e di una fede mai rinnegata loro continuano a fare parte della Chiesa e che loro possono godere della Grazia di Dio attraverso vie non sacramentali: la preghiera, la Parola di Dio, la partecipazione alla vita liturgica-pastorale della comunità cristiana, una vita di carità; attraverso il fare parte del corpo mistico di Cristo che è la Chiesa.
In riferimento alle persone separate o divorziate che desiderano rimanere fedeli al loro matrimonio, non scegliendo quindi di formare una seconda unione, la comunità cristiana, “a iniziare dai sacerdoti e dalle coppie di sposi più sensibili, si faccia loro vicina con attenzione, discrezione e solidarietà:
– riconosca il valore della testimonianza di fedeltà di cui il coniuge si fa portatore, accettando anche la sofferenza e la solitudine che la nuova situazione comporta;
– sostenga il coniuge separato, nella sua pena e solitudine e lo inviti con carità e prudenza a partecipare alla vita della comunità: gli sarà così più facile superare la non infrequente tentazione di ritirarsi da tutto e da tutti per ripiegarsi su se stesso;
– prodighi loro stima, comprensione, cordiale solidarietà e aiuti concreti, specialmente nei momenti in cui si fa più forte in essi la tentazione di passare dalla solitudine al divorzio e al matrimonio civile;
– li aiuti a “coltivare l’esigenza del perdono propria dell’amore cristiano e la disponibilità all’eventuale ripresa della vita coniugale anteriore”.
La loro situazione di vita non li preclude dall’ammissione ai sacramenti: a modo suo, infatti, la condizione di separati è ancora proclamazione del valore dell’indissolubilità matrimoniale”.
Vita sociale. La nostra coppia chiede di essere aiutata a vivere la propria ministerialità anche nel partecipare alla vita della società.
Le famiglie sono una risorsa fondamentale anche per la vita sociale. Sono il luogo di costruzione della personalità delle nuove generazioni e l’ambito in cui meglio che in ogni altro è possibile contrastare la cultura individualistica diffusa così prepotentemente e potentemente dai media. La famiglia deve riprendere il suo posto come soggetto centrale e fondamentale sia nella Chiesa che nella società; le comunità cristiane sono chiamate a sostenere le famiglie in questo loro essere “fermento”, ridando all’aspetto sociale un posto non marginale nell’azione pastorale e riacquistando una capacità di annuncio con linguaggi evangelicamente comprensibili per le famiglie.
La Pastorale del contagio. Bisogna che le famiglie ne prendano coscienza, vivano la loro “paternità/maternità” anche nei confronti della comunità civile e attuino anche fuori della parrocchia la “pastorale del contagio”, cioè incidano sulla realtà sociale con lo stile familiare (attenzione primaria alle relazioni interpersonali, gratuità, corresponsabilità). Occorre recuperare l’autonomia e la soggettività della famiglia come “formazione sociale2 dotata di una sua originarietà, di una sua autonomia, di un suo potere contrattuale. Alla stagione dei diritti degli individui da un lato e delle collettività dall’altro deve succedere la stagione dei diritti delle comunità intermedie, prima fra tutte la famiglia. Si tratta di recuperare la famiglia nella sua capacità di relazione sociale, nel presupposto che spetti ad essa il fondamentale ruolo di educatrice alla socialità.
La prima e fondamentale funzione- insieme “pubblica” e “privata”- è quella di essere luogo fondativo e rivelativo dell’alterità e dunque, della socialità. La relazione uomo-donna e poi quella genitori-figli e, infine, dei fratelli fra di loro, sono tutte fondamentali esperienze di incontro con l’altro e di riconoscimento dell’altro. Per questo è necessario superare la tentazione dell’assenteismo nei confronti della realtà sociale per arrivare ad una presenza incisiva in grado di intervenire nei vari problemi con una visione cristiana e capace di mettere al centro di ogni azione sociale la famiglia… Una ministerialità sociale che nasce dalla Grazia del Sacramento del matrimonio.
Cesare Giorgetti