Mamma e moglie, insegnante, educatrice e un po’ creativa. In mezzo ad una vita già zeppa di appuntamenti, Nicoletta si è tuffata in un’altra avventura, quella dell’accoglienza. Dove trovi il tempo per seguire tutte queste dimensioni è un mistero. “In realtà siamo famiglia affidataria già dal matrimonio: vedi la letizia negli occhi di chi abbraccia questa esperienza e vuoi buttarti anche tu perché pensi sia buona anche per te. Le ore si dilatano, tutto questo non si realizza sulle mie forze: lo Spirito Santo soffia forte” spiega. 51 anni, Nicoletta Municinò e il marito Alberto Piccini (anch’egli insegnante) nel 2009 hanno venduto tutto ciò che possedevano (la casa di Riccione), e si sono lanciati in un’impresa investendo su un terreno di famiglia, a Verucchio. Ci sono voluti tre durissimi anni, ma alla fine salire sul “Sicomoro”, l’associazione “Educare per accogliere” (fondata il 29 maggio 2006), è stato possibile. E il progetto che propone musica e arte da una parte, e accoglienza di minori dall’altra (realtà vicine ma separate anche fisicamente), è diventato una realtà intonata. Ad inaugurare Casa S. Chiara, il 22 maggio 2009, è stato il Vescovo di Rimini Francesco Lambiasi.
Ma quella verucchiese non è solo una casa dove i talenti artistici possono svilupparsi in armonia; un’ala dell’abitazione accoglie infatti bambini e ragazzi: “intendiamo dar loro una famiglia. Si cresce se si appartiene a qualcuno. Per noi dentro una famiglia, e una famiglia cristiana, rispettando tutti” spiegano con semplicità Nicoletta e Alberto. Attualmente la struttura ospita la coppia, tredici figli tra naturali e in affido, ma è una realtà in divenire. Con Nicoletta parte del direttivo regionale dell’associazione “Famiglie per l’Accoglienza” e coordinatrice al tavolo dell’Asl riminese.
Il resto dell’abitazione (cioè il Sicomoro) sviluppa espressioni artistiche: dal teatro al canto, alla danza, progetti (anche con ragazzi disabili) che culminano con spettacoli pubblici.
Nicoletta dice di defilarsi dal “Sicomoro” ma ha appena partorito una nuova idea: un’orchestra giovanile multietnica, “perché la musica è una lingua universale”. Musica e integrazione. Come mamma, Nicoletta culla un altro progetto nel cuore: nel giardino (5.000 mq) c’è ancora la possibilità di edificare. Lei desidera una casetta per i figli più grandi. E inizierà a costruire questo futuro dalla vendita delle uova di Pasqua.
Da una donna che ha reinventato la sua storia ad un’altra che nonostante più avversità non ha voluto rinunciare al dono più grande: la nascita di un figlio. Le doglie per Rita (il nome è di fantasia), ragazza madre di 22 anni, sono arrivate all’improvviso. La giovane non ha fatto in tempo a essere portata all’ospedale e così ha partorito nella camera della superiora suor Mirella Ricci. Il fatto eccezionale e inusuale è accaduto a Savignano. La donna ha partorito nell’Istituto Merlara, la comunità educativa che accoglie, oltre a minori, anche gestanti e mamme con bambini. Rita ha dato alla luce Teresa, un bellissima bambina di tre chilogrammi. L’evento è eccezionale per Savignano in quanto dopo la chiusura del reparto di Ginecologia dell’ospedale Santa Colomba negli anni ‘80 si tratta del primo bimbo nato in casa. Il fatto lo racconta la superiora Mirella Ricci: “Abbiamo accolto Rita un mese fa, è venuta da noi proprio per essere preparata e accompagnata alla matenità. Abbiamo accettato volentieri. La telefonata del suo arrivo ci è stata fatta mentre preparavamo l’albero di Natale in piazza Borghesi con tutti i bambini. Nessuno, e ancora di più una suora, può dire di no a una vita che arriva e a una donna che, nonostante tante difficoltà, ha avuto il coraggio di portare a termine la gravidanza, assumendosi oneri e onori di mamma, visto che si era rifiutata di abortire, come le era stato proposto”.
La sera del 21 febbraio, alle 22 Rita sente che la sua bimba sta per nascere. Ma nemmeno lei si sarebbe aspettata di poter partorire da un momento all’altro. Era già stata in ospedale durante il giorno e poi rimandata in istituto. Prima delle 5 suor Mirella le ha fatto fare un bagno caldo: la testina di Teresa è spuntata, fra la sorpresa generale, proprio in quel momento. “Abbiamo chiamato il 118, ma nel frattempo, io, suor Anna e suor Adriana ci siamo prodigate per sostenerla. La bambina è nata in un minuto, quasi a razzo”. C’era chi aspettava il 118, chi seguiva gli altri bambini che nel frattempo si erano svegliati, chi ha accolto il primo vagito e ha lavato la bambina, perché il cordone ombelicale si era spezzato da solo durante il parto. Arrivata l’ambulanza, mamma e figlia sono state portate all’ospedale Bufalini di Cesena. “Tutto si è risolto nel migliore dei modi” commenta entusiasta la superiora.
In 170 anni di vita dell’Istituto è stato il primo parto interno. Solitamente i neonati al Merlara come al Don Baronio, li abbandonavano durante la notte in una cesta all’ingresso e le suore alla mattina li accoglievano, li accudivano e li crescevano. Questa volta una bimba le suore l’hanno fatta nascere. “È stato un misto di emozione, gioia, paura, angoscia, ma anche di grande forza e tenerezza, perché la vita ha un mistero e una sacralità sua. È un dono che va accolto a tutti i costi e non buttato. Mi ha commosso il fatto che tutta la comunità ha collaborato, sostenuto e gioito per fare nascere Teresa”.
E. Pasolini / P. Guiducci