Con l’approvazione definitiva in Senato, l’estate appena conclusa ha visto diventare legge il cosiddetto ‘Decreto Salva-Casa’, un provvedimento che introduce nuove misure con l’obiettivo di favorire e facilitare la regolarizzazione di “piccole difformità” edilizie.
La norma, all’indomani della pubblicazione, è subito diventata oggetto di dibattito politico, con opinioni contrastanti tra i favorevoli che la vedono come una svolta per una semplificazione burocratica e chi, al contrario, la legge come un ennesimo condono. A prescindere dai pareri e dall’effettiva efficacia del provvedimento, che sarà valutabile solo col tempo, l’introduzione del ‘Salva-Casa’ riporta al centro del dibattito un tema, quello delle sanatorie edilizie, tanto delicato quanto ‘antico’ in Italia, sollevando una serie di riflessioni.
La questione, infatti, risale addirittura a quarant’anni fa, quando nel 1985 (con la legge n.47) fu introdotto il primo vero condono, a cui avrebbero poi fatto seguito quelli del 1994 e del 2003, rispettivamente con le leggi 724 e 326. Quattro decenni che hanno dimostrato quanto il nostro Paese soffra dal punto di vista gestionale sul tema. A sottolinearlo in modo particolare è una specifica indagine condotta dal Centro Studi Sogeea, istituto di ricerca specializzato in analisi di dati, in un report dedicato proprio al tema delle sanatorie in Italia (presentato in Senato nel 2019): dal rapporto emerge che dalla prima legge sul condono, circa 40 anni fa, vi sono oltre 4 milioni di richieste ancora inevase, a fronte di oltre 15 milioni di domande presentate all’epoca. Circa un quarto delle pratiche, dunque, è ancora fermo, per un ammontare di mancati introiti che sfiora i 19 miliardi di euro. Un carico di lavoro che, sempre secondo le elaborazioni di Sogeea, in proiezione sarà esaurito in almeno 21 anni. Circa 3 milioni di pratiche ancora inevase sono relative al provvedimento del 1985, mentre a quelli successivi (1994 e 2003) fanno riferimento oltre 810 e 610mila istanze.
Sul territorio?
Questo lo scenario nazionale, indubbiamente caratterizzato da una difficoltà strutturale di gestione della materia. Come si riflette la situazione a livello territoriale?
Guardando in prospettiva regionale, la situazione è più ottimistica, con l’Emilia-Romagna che, sempre secondo le analisi al report di Sogeea, emerge come la più virtuosa con tre capoluoghi di provincia, Bologna, Ferrara e Ravenna, che hanno evaso tutte le istanze presentate. Per quanto riguarda gli enti locali emergono, invece, alcune difficoltà. Due i Comuni considerati, a titolo di esempio. Nel capoluogo, delle tre finestre di condono (1985, 1994 e 2003), ad oggi si contano complessivamente circa 5mila pratiche ancora da chiudere, comprendendo sia quelle ancora in attesa di essere istruite, sia quelle già avviate e in fase di conclusione. Perché questi ritardi? “ L’ufficio del Comune di Rimini è impegnato quotidianamente a svolgere appuntamenti con i Tecnici incaricati per portare a termine le istruttorie relative ai condoni.
– fanno sapere dall’Amministrazione riminese – La sedimentazione di istruttorie dipende da molteplici fattori, a partire dalla complessità delle procedure modificate più volte nel corso degli anni e in particolare della verifica dei precedenti edilizi che si sono stratificati nel tempo sugli immobili, dall’incompletezza che spesso si riscontra nella documentazione depositata e che comporta il dilatarsi dei tempi di svolgimento delle pratiche”. Difficoltà strutturali, dunque, per affrontare le quali il Comune di Rimini afferma di aver percorso strade diverse. Anche qui non senza difficoltà. “ Tra il 1999 e il 2008 – prosegue l’Amministrazione – il Comune diede in appalto esterno a una società privata l’attività istruttoria dei primi due condoni (1985 e 1994), con esito che però non solo non corrispose agli obiettivi comunali ma, terminato l’affidamento esterno, costrinse gli uffici comunali del settore allo svolgimento di attività integrative e di rettifica rispetto al lavoro condotto dalla ditta appaltatrice a causa dei numerosi errori. In generale nell’ultimo decennio l’Amministrazione, nell’ambito di un più ampio programma di potenziamento quantitativo
(più persone a disposizione) e qualitativo (compiti più specifici e settorializzati) degli uffici urbanistici e dell’edilizia, ha messo in campo in affiancamento all’attività ordinaria degli operatori comunali del settore anche progetti straordinari interni incentivanti, proprio con l’obiettivo di snellire la mole di pratiche, attraverso un riconoscimento economico per i dipendenti che si occupassero delle pratiche anche fuori dall’orario di lavoro”.
Il Comune di Misano Adriatico sottolinea altri elementi.
“ Delle circa 2900 pratiche presentate in relazione al condono edilizio del 1985 – spiegano – il 99% è stato visto, sono stati richiesti i documenti, è stata fatta la determinazione della pratica.
Le concessioni in sanatoria rilasciate sono circa l’80%. Le altre pratiche sono ferme per motivi vari: il privato non ha risposto, c’è stato un passaggio di proprietà, non è stata ritirata la concessione in sanatoria. Ad oggi le pratiche non vengono esaminate sistematicamente, ma solo a richiesta del privato (ad esempio nel caso voglia vendere o se necessita di un intervento edilizio sull’immobile) oppure d’ufficio, se nell’esame dei progetti in corso si verifica che la concessione deve essere ancora rilasciata”.