“La nostra Diocesi, e anche la mia storia personale, è saldamente legata a Rimini e a questa Chiesa. Da oltre 30 anni i vostri sacerdoti e missionari ci hanno aiutato a crescere nella fede, nella aiuto fraterno e nella conoscenza reciproca”. Gioviale e per nulla formale, capace di esprimersi in un italiano fluente e decisamente corretto, mons. Raul Biord Castillo, fresco di nomina vescovile nella Diocesi venezuelana di La Guaira, è sbarcato a Rimini per rispondere all’invito rivoltogli dal “caro amico” don Aldo Fonti, direttore di Missio Rimini, di incontrare la città e la diocesi sul tema “La Chiesa che ha generato papa Francesco”.
Mons. Raul (nella foto a lato, e nell’altra a dx insieme a don Aldo Fonti a sx negli studi di IcaroTv), giovane vescovo latinoamericano, con la grande conoscenza del tema ha aiutato i presenti in Sala Manzoni a capire meglio lo stile pastorale del Pontefice, il retroterra culturale, ecclesiale e pastorale e spirituale di una chiesa.
Come Vescovo è “ancora in viaggio di nozze” – sono parole sue – ed è venuto in Italia per accompagnare il cardinale Pietro Parolin, già nunzio apostolico in Venezuela, e per partecipare capitolo generale dei salesiani.
“Sono il primo vescovo nominato da Papa Francesco per il Venezuela (nominato dal Santo Padre il 30 novembre, è stato ordinato l’8 febbraio scorso, ndr), una nomina che mi ha sorpreso e dirottato verso servizi che non avrei immaginato. Sono salesiano, nato con i salesiani, e coi salesiano ho deciso di dedicare la vita ai giovani. Il Papa mi ha chiamato invece ad essere pastore per la chiesa di La Guaira”.
<+nero>La sua Diocesi ha un antico e solido legame con Rimini. la Guaira, infatti, è stata la prima missione diocesana riminese.
<+testo_band>“Questo è il motivo del nostro stretto rapporto, che affonda le sue radici nel 1977. All’epoca, l’équipe interdiocesana Rimini-Cesena, collegata con l’Ufficio Missionario nazionale, inviò i primi missionari, tra cui don Aldo, proprio a La Guaira. La destinazione doveva essere Haiti, ma poi fu cambiata all’ultimo momento, tanto che don Fonti dovette controllare sulla cartina dove si trovava questa provincia alla quale era stata destinato! In seguito don Aldo è stato raggiunto prima da don Gerardo Rocchi e successivamente da don Egidio Brigliadori. I cesenati allora si diressero verso l’area più cittadina, voi riminesi sceglieste i barrios periferici per quella che a detta don Aldo fu «un’esperienza affascinante: costruire comunità dal niente, dalla base»”.
Mons. Castro, la Romagna e il suo mare lei la conoce bene anche per altri incontri ravvicinati…
“Ho sempre intrattenuto grandi rapporti con la vostra regione. Padre Rinaldi, il mio parroco, era bolognese: mi ha aiutato nel discernimento spirituale.
Poi quando ero a Roma a studiare teologia, i superiori mi hanno mandato a Cesenatico, ed ho trascorso un’estate a lavorare come bagnino su di un moscone evitando che i turisti affogassero: ho potuto così godere del vostro bel mare. A Caracas ho fatto la conoscenza di don Aldo e degli altri preti , e del bellissimo lavoro operato specie inseriti nelle realtà più povere,
Uno dei grandi valori della Chiesa Latinoamerciana è proprio quello di essere Chiesa dei poveri e non solo per i poveri: condividendo con i poveri si scoprono le loro ricchezze nascoste, vere perle di vangelo. Sono persone aperte all’annuncio del Vangelo, come ha detto Gesù a Nazareth. Dio sta tra i poveri perché aiuta a riconoscersi figli di Dio e a superare le situazioni più difficili”.
Si è festeggiato il primo anno del pontificato di papa Francesco. Lei come lo sintetizzerebbe?
”Difficile farlo in poche parole. Certo la Chiesa, un po’ chiusa su di sé, s’è destata.
Ma tutto è partito dalla rinuncia di papa Benedetto XVI. Grande teologo e pastore, più che per i tanti libri di grandissimo valore, sarà ricordato dalla storia per la sua rinuncia al papato, per la grande umiltà che ha messo a disposizione della Chiesa. Ha cambiato per sempre la storia della Chiesa.
Con papa Francesco, il papa venuto dalla fine mondo, spira un’aria nuova, è venuto a ridestare la Chiesa.
La moltitudine di persone che segue il pontefice in Piazza San Pietro, e l’attenzione anche dei media alla sua persona, alla sua parola, alla povertà e al messaggio che porta, ne sono un piccolo ma non indifferente segno.
Papa Bergoglio è un regalo per la Chiesa di Dio. Se Cristo sta alla porta e bussa non è soltanto per entrare a consumare un bel pranzo solo con noi ma lo per invitarci ad uscire sulle strade del mondo ad annunciare la Buona Missione. è la missione della Chiesa quella di uscire, frutto del mandato missionario evangelico: «andate e predicate in tutto il mondo».
Papa Bergoglio racconta a volte la parabola del Vangelo al contrario: noi restiamo in chiesa a tenere l’unica rimasta e magari non ci siamo accorti delle 99 che se ne sono andate via.
Il Santo Padre invita i cristiani ad uscire e a cercare tutti, per portare loro il messaggio di Gesù ad ogni uomo e donna che soffre ed ha bisogno della misericordia e della tenerezza di Dio”.
Quella di Papa Bergoglio è una Chiesa non solo per i poveri ma con i poveri.
“Lo Spirito Santo che ha soffiato forte sul Concilio Vaticano II, ha già fatto riscoprire una chiesa più semplice, che sta accanto ai poveri, per i poveri e con i poveri. Non basta fare opere di carità ma scoprire le grandi ricchezze del Vangelo quando è ben recepito da chi è umile ed è ben disposto di cuore.
La chiesa di Papa Francesco invita tutti a lasciare le proprie sicurezze per mettere Dio come fondamento, quel Dio che è uscito di sé tramite l’incarnazione di Cristo e non ha considerato la sua uguaglianza con Dio ma si è fatto come l’uomo fino alla morte.
Papa Francesco ci sfida ad essere più umani e più cristiani”.
Questo pontefice stupisce anche per il suo stile più vicino alle persone. Forse per la Chiesa latinoamericana questo stile meno “formale” è più
naturale.
“Quand’ero studente al seminario di Roma, accadeva che i vescovi sudamericani in visita alla città eterna, venissero a salutarci, a conversare con noi, a prendere il caffè e i seminaristi di altre zone del mondo si stupivano di questo atteggiamento. È una questione più culturale: non so se più un pregio o un difetto, ma siamo abituati a questi atteggiamenti, a vivere anche la Chiesa (e la gerarchia ecclestiatica) come una famiglia.
D’altra parte, è proprio Bergoglio a invitarci a non sorprenderci per un Papa che fa cose normali come portare la valigetta 24 ore, farsi il letto, mangiare un panino alla guardia che da ore sorveglia la sua porta, fare la fila alla mensa, fermarsi con l’auto staffetta ai semafori, chiamare e rispondere personalmente alle persone che scrivono.
Il Papa da questo punto di vista vuole privilegi ma vivere, gioire e soffrire come tutte le persone”.
Non solo gesti. In un recente libro, Giuliano Vigini nella prefazione parla di un filo rosso tra l’omelia di mons. Bergoglio e quella di Papa Francesco. Nella sostanza non è cambiato molto dalle omelie e dai discorsi pronunciati a Buenos Aires.
“In filosofia si dice che la natura non fa dei salti, Papa Francesco non è altro che lo studente Bergoglio, il sacerdote Bergoglio, il vescovo Bergoglio, il cardinale Bergoglio. Formazione che uno riceve è quella che poi vive e dà.
Il Papa continua a essere il prete missionario che era. è molto preparato, conosce benissimo la teologia, ha studiato anche in Germania, ed è in grado di farsi capire bene, sa comunicare in forma facile, comprensibile a tutti. È un grande comunicatore, rende comprensibili al popolo anche i misteri più complessi”.
Quella di Bergoglio è una teologia che si fa vicina all’uomo.
“È un grande teologo, che unisce la teologia alla vita e alla pastorale. Come parroco del mondo, parla alla gente e la gente ascolta una voce che sente viva e vera”.
Paolo Guiducci