Il sole picchia duro. Il caldo diventa soffocante. La colonnina sfiora addirittura i 40 gradi. Chi è al mare cerca un po’ di refrigerio in acqua, ma anche quella è tiepida. “Sembra un brodo” dice qualcuno. E allora via sotto la doccia gelata dove in pochi istanti si forma una fila da concerto. “Non sprecatela” urla il bagnino. Chi è a casa, invece, si affida al condizionatore. Era dal 2003 che non si registrava un giugno così caldo. Il livello di ozono è allarmante, tanto da far dire ad Arpae “evitate le ore più calde”. Ma il problema di questo caldo asfissiante è un altro, e sta raggiungendo livelli di massima gravità: la crisi idrica. Pochi giorni fa la Struttura Autorizzazioni e Concessioni ha ordinato “la sospensione dei prelievi di acque superficiali dai fiumi Uso, Conca e Marecchia”. Del resto Rimini ha storicamente una situazione idrica di sofferenza nel periodo estivo. “Non solo Rimini, tutti i principali corsi d’acqua a sud del Reno hanno uno spiccato carattere torrentizio e le problematiche principali sono quelle legate alle moltissime concessioni ad uso irriguo presenti, in generale di piccola entità, ma molto diffuse territorialmente”. Ecco perché, in base al Piano di tutela delle acque, si è reso necessario emettere provvedimenti di sospensione dei prelievi. Uno stop che sta già creando problemi alle aziende agricole: i maggiori rischi, al momento, riguardano gli ortaggi.
“Chi ha il proprio pozzo per poter irrigare, ha costi in più, ma riesce a sopperire a questo periodo di crisi – ha spiegato a Tempo Reale il direttore della Coldiretti riminese Giorgio Ricci – ma chi è vincolato a prelevare acque superficiali vive una situazione veramente grave. Sono previste deroghe per le colture in atto, ma questo rappresenta solo un minimo ristoro perché, ad esempio, anche il frutteto che ha già prodotto rischia di andare in deficit di acqua e non produrre l’anno prossimo”.
Il problema è anche un altro. “Chi fa fieno per il proprio allevamento zootecnico rischia di non poterlo sfalciare perché l’erba si secca”.
Del resto i dati parlano chiaro. “A livello regionale le falde sono completamente scariche e i livelli raggiunti sono, in quasi tutti i territori della regione, al di sotto di quelli registrati durante l’inverno”.
Per questo motivo, dallo scorso 16 giugno, con il provvedimento firmato dal Presidente Stefano Bonaccini, in Emilia Romagna è stato proclamato lo stato di crisi idrica.
“Quando l’acqua è abbondante – conclude suggerendo il direttore di Coldiretti – si potrebbero costruire bacini dove raccogliere l’acqua piovana da utilizzare in questi periodi di crisi. Anche perché, come accade ora, dover andare ad elemosinare i quantitativi che ci servono non è proprio il massimo”.
Francesco Barone